La figlia di George Byron è stata la prima programmatrice, l’attrice Hedi Lamarr ha posto le basi per l’invenzione del wireless, una signora inglese ha ideato l’antesignano dei motori di ricerca, un’americana è la madre dei robot. Le donne innovatrici sono rare ma ci sono. Eccone alcune (tra cui una suora)

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Ada Lovelace Byron La young lady ottocentesca che “previde” il computer (1815-1852) – Nata da un poeta geniale, ella stessa è stata geniale, ma in un campo diverso: la matematica. Ada Lovelace Byron, figlia di George Gordon Byron e Anne Isabella Milbanke, è considerata la madre dell’odierno computer, anche se sono in pochi a saperlo. Unica figlia legittima del letterato, fu allontanata da lui dalla madre quando aveva solo un anno. Nessuna “eredità poetica” per Ada, ma tanta passione per le scienze, la logica e la matematica. Che lei però declinò con la fantasia tipica di un artista. A 17 anni, ad una festa, incontrò l’uomo che le avrebbe cambiato la vita: Charles Babbage, un 42enne scontroso che stava lavorando al difference engine: un marchingegno meccanico molto simile a un orologio in grado di fare calcoli automaticamente. In pratica si inserivano i numeri da una parte, si giravano degli ingranaggi e dall’altra parte si otteneva il risultato, in modo da eseguire in automatico somme e sottrazioni. Oggi non sembra nulla di straordinario, nel 1833 era un’invenzione incredibile. Elaborando le idee di Babbage, Ada intuì le straordinarie potenzialità della Macchina Analitica: non una semplice calcolatrice, ma una macchina simbolica suscettibile di svariate applicazioni. Tra i suoi appunti sulla macchina di Babbage si rintraccia anche un algoritmo per generare i numeri di Bernoulli, considerato come il primo algoritmo espressamente inteso per essere elaborato da una macchina, tanto che Ada Lovelace è spesso ricordata come la prima programmatrice di computer al mondo. È morta a soli 37 anni. Nel 1979 il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha dato il nome di ADA ad un linguaggio di programmazione agevole ed efficiente. La sua storia è ricordata nel libro di Walter Isaacson “Gli Innovatori” (Mondadori). Hedy Lamarr La femme fatale che inventò il wireless (1914-2000) – Bellissima e fatale, è stata attrice e scienziata. Nata a Vienna, per intraprendere la carriera artistica ha rinunciato al corso di laurea in Ingegneria e nel 1933 è stata una delle prime a interpretare una scena di nudo nel film Estasi del regista cecoslovacco Gustav Machaty. La pellicola fu censurata e in alcuni Stati addirittura tolta dal mercato. Nella sua carriera Hedy Lamarr ha lavorato in oltre trenta film, tra i quali “La febbre del petrolio” con Clark Gable e Dick Tracy, e “Corrispondente X”, sempre con Gable. Ma è stata anche ricercatrice e scienziata. A lei si deve l’invenzione, nella prima metà degli anni ‘30, di un sistema di modulazione per codifica d’informazioni da trasmettere su frequenze radio, che avrebbe consentito di comandare a distanza siluri e mezzi navali. Lamarr ha brevettato il sistema insieme a un amico, il compositore George Antheil, suscitando subito l’interesse di servizi segreti e apparati militari, e mettendo le basi non soltanto della crittografia, ma anche della telefonia mobile e dei sistemi informatici wireless. Suor Mary Kenneth Keller Casa, chiesa e informatica – (1913-1985)- Nativa di Cleveland, Ohio, suor Keller è stata una delle prime donne, se non la prima, a conseguire un PhD in informatica negli Stati Uniti. Nel 1932 è entrata nelle Suore della Carità e ha preso i voti nel 1940. In seguito ha studiato alla DePaul University, dove ha conseguito una laurea in matematica e un’altra in matematica e fisica. Nel 1965 ha ottenuto un Ph.D. in informatica presso l’Università del Wisconsin. La sua tesi era incentrata sulla costruzione di algoritmi in grado di eseguire una differenziazione analitica sull’espressione algebrica. Dopo il PhD, accettò l’offerta di insegnare al Clarke College di Dubuque, in Iowa, dove fondò il Computer Science Department, di cui fu presidente per 20 anni. Suor Keller ha anche ideato un master per le applicazioni dell’informatica all’insegnamento. “Stiamo sperimentando un’esplosione di informazioni – disse una volta – ed è ovvio che le informazioni non sono di alcuna utilità se non sono accessibili”. È morta a 71 anni lasciando al Clarke College computer e un’eredità culturale. Karen Spärck Jones La signora a cui Google deve dire grazie (1935-2006) – Se abbiamo i motori di ricerca li dobbiamo anche a questa donna. Karen Spärck Jones è una delle figure principali nella storia dello sviluppo dei search engine come li conosciamo oggi. Nata nello Yorkshire, in Gran Bretagna da padre inglese docente di chimica e madre norvegese, si è laureata in Filosofia ed è diventata insegnante prima di dedicarsi alla Computer Science. Sposata a uno scienziato informatico, nel 1972 ha pubblicato “A statistical interpretation of term specificity and its application in retrieval” che introduce il concetto di inverse document frequency. Si tratta in pratica di uno dei principali componenti della classifica degli algoritmi per ricavare automaticamente un testo da un indice di documenti. All’epoca era solo una teoria statistica, nel 1994 è stata usata da Mike Burrows per dare origine al motore di ricerca Alta Vista. Karen è stata anche promotrice di un campagna per l’hi-tech “femminile”: “Penso – ha detto – che sia molto importante avvicinare le donne all’informatica. Il mio motto è: l’informatica è troppo importante per essere lasciata agli uomini”. Katherine Johnson La bambina prodigio che ha aiutato gli astronauti (1918) – Genio della matematica sin da bambina, diplomata alle scuole superiori a soli 14 anni, fu notata da un docente della sua università, la West Virginia State University, che la invitò a seguire corsi avanzati di matematica analitica ideati su misura per lei. Assunta come matematico alla Naca, National Advisory Committee for Aeronautics, poi diventata Nasa, ha contribuito al calcolo della traiettoria del volo spaziale Alan Shepard, il primo lanciato nello spazio dagli statunitensi nel 1959. Si è inoltre occupata della verifica dei calcoli matematici relativi all’orbita intorno alla terra di John Glenn nel 1962 e ha calcolato la traiettoria di volo dell’Apollo 11 nel suo primo volo sulla luna nel 1969. Margaret Hamilton L’informatica-imprenditrice (1936) – Nata nell’Indiana nel 1936, è stata direttrice del Software Engineering Division del MIT Instrumentation Laboratory, che sviluppò il software di bordo per il programma spaziale Apollo 11. Il team della Hamilton ha risolto le complicazioni relative allo sbarco dell’Apollo 11 sulla Luna, garantendo il successo della missione. Nel 1986 la scienziata è diventata imprenditrice e ha fondato la Hamilton Technologies a Cambridge, Massachusetts, società nata per sviluppare il cosiddetto Universal Systems Language basato sul paradigma di Development Before the Fact (DBTF) per la progettazione di sistemi e software. La Hamilton ha pubblicato più di 130 articoli, atti e relazioni su vari argomenti; ha lavorato a 60 progetti ed è stata coinvolta in sei grandi programmi. Grace Murray Hopper Il capitano di Marina esperto di linguaggio informatico (1906-1992) – Piccola e minuta, a fatica superava i 45 chilogrammi di peso, eppure poche donne come lei sono state capaci di influenzare in maniera così determinante la storia della programmazione. Grazie alla curiosità e alla capacità deduttiva e analitica, Grace Murray Hopper è passata alla storia come una delle figure più eminenti dell’informatica, la prima ad aver pensato e realizzato un linguaggio di programmazione indipendente dalla macchina (il Cobol) teorizzando, tra le altre cose, il metodo del debugging (eliminazione dei bug informatici attraverso analisi periodiche e continue del codice sorgente del programma). Nel 1943 si è arruolata volontaria nella Marina (grazie a una deroga creata su misura per lei, dato che non raggiungeva i requisiti fisici minimi per il reclutamento) e qui, dopo aver ottenuto punteggi altissimi nei test preparatori, è stata integrata nel team che lavorava allo sviluppo dei programmi per il computer Mark I, tra i primi calcolatori elettromeccanici della storia. Il suo contributo è stato fondamentale nella stesura del programma che consente alla Marina statunitense di decifrare parte dei codici di criptazione utilizzati dalle forze dell’Asse nelle loro comunicazioni. Nel corso degli anni ’70 è stata accesa sostenitrice del processo di standardizzazione nel mondo dell’informatica. Andata in pensione a 60 anni, è stata più volte richiamata in servizio fino alla sua morte, nel 1992. Adele Goldberg La regina del software (1945) – È una delle persone più conosciute e rispettate nell’industria del software. Nata nell’Ohio, laureata in matematica per poi conseguire un master in informatica, ha lavorato per molti anni per il Centro di ricerca Xerox di Palo Alto ed è co-fondatrice di ParcPlace-Digitalk, società che produce applicazioni per sviluppatori di corporate software. È stata presidente dell’Acm (Association for Computing Machinery) ed ha ricevuto numerosi premi per il contributo dato all’informatica. Insieme con Alan Kay ha sviluppato il linguaggio di programmazione Smalltalk. Il suo motto è: “Non chiederti se puoi fare qualcosa, ma come farla”. Sophie Wilson Gli smartphone si devono anche a lei (1957) – Ha realizzato uno dei primi pc e progettato microprocessori per smartphone. Nata a Leeds, in Gran Bretagna, ha studiato informatica a Cambridge e, durante la sua prima vacanza estiva, ha sviluppato un cow-feeder automatico. In seguito ha disegnato l’Acorn System 1, un microcomputer da 8-bit per hobbisti, poi prodotto e messo in commercio dall’azienda britannica Acorn Computers a partire dal 1979. Assunta ad Acorn, insieme al collega Steve Furber ha impiegato meno di una settimana per disegnare e implementare il prototipo di quello che è diventato il BBC Microcomputer. Ed è stato un successo: negli anni seguenti sono stati venduti milioni di BBC Microcomputer a singoli utenti ma soprattutto alle scuole di tutto il Regno Unito. Successivamente Wilson e Furber hanno realizzato altre soluzioni innovative, tra cui il processore Arm, oggi utilizzato per migliaia di diversi prodotti, dai cellulari ai tablet, dalle televisioni digitali ai videogames. Attualmente il numero di processori Arm venduti ammonta a 30 miliardi, ovvero oltre quattro processori per ogni persona sulla terra. Helen Greiner La mamma dei robot (1967) – Co-fondatrice e presidente della iRobot Corporation, ha contribuito a migliorare l’accessibilità di questi dispositivi meccanici che eseguono funzioni in automatico o guidati da remoto. La maggior parte delle invenzioni di iRobot sono state pensate per uso militare o industriale ma, grazie ai costi decrescenti della tecnologia, l’azienda si sta addentrando anche nel mercato consumer della robotica. Secondo Greiner, entro pochi anni quasi in ogni casa degli Stati Uniti ci sarà un robot che sbrigherà le pulizie o fare da babysitter. Il suo obiettivo è “mettere i robot a disposizione di tutti”. Anita Borg L’informatica che credeva nella “sorellanza” (1949 – 2003) – Anita Borg ha ispirato, motivato e stimolato numerose donne ad avvicinarsi alla tecnologia. Nata a Chicago, in Illinois, ha iniziato a programmare nel 1969. Studentessa di informatica all’Università di New York, ha lavorato in numerose aziende di tecnologia americane, inizialmente come ricercatrice. Sviluppò Mecca, un sistema di comunicazione via mail per comunità virtuali basato su web, quando ancora il concetto di community non esisteva. Nel 1987 fondò “Systers”, la più grande comunità al mondo per lo scambio di email tra donne che operavano in ambito informatico, un luogo privato in cui condividere opinioni professionali e portare avanti discussioni tecniche. Nel 1994 ha fondato il Grace Hopper Celebration of Women in Computing: inizialmente l’idea era creare un convegno annuale per donne dell’informatica, oggi è tra gli appuntamenti più seguiti e partecipati in Usa. Ha fondato l’Istituto per Donne e Tecnologia, che oggi si chiama Anita Borg Institute for Women and Technology in suo onore. Fabiola Gianotti La prima direttrice generale del Cern (1962) – Figlia di un geologo piemontese e di una letterata siciliana, è nata a Roma e ha vissuto e studiato a Milano dove si è laureata in fisica e ha ottenuto un dottorato di ricerca in fisica sub-nucleare. Nonostante gli studi al liceo classico e il diploma in pianoforte al Conservatorio, la fisica le è sembrata la scelta più adatta per rispondere alla sua curiosità di scoprire come sono fatte le cose. Approdata all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), ha partecipato ad un concorso per una borsa di studio per giovani fisici bandita dal Cern e, avendola ottenuta, è partita per Ginevra con l’idea di restarci un paio d’anni. Non ha lasciato più il laboratorio perché assunta definitivamente come ricercatore nel Dipartimento di Fisica. Al Cern la Gianotti ha lavorato in vari esperimenti tra cui Atlas, del quale è stata coordinatrice internazionale dal 2009 al 2013. Proprio l’esperimento Atlas ha fornito i dati che hanno portato a scoprire il bosone di Higgs. Una scoperta da Nobel, per la quale sono stati premiati lo stesso Higgs e il collega Francois Englert e, per la prima volta nella storia del Nobel, ha meritato una menzione un’istituzione di ricerca come il Cern. Dal 2016 è la prima donna a ricoprire l’incarico di direttore generale del Cern, il laboratorio scientifico più prestigioso del mondo. Numerosi i riconoscimenti a Gianotti. La rivista americana Time nel 2012 le ha reso onore con una copertina speciale dedicata proprio a lei, quinta classificata nella lista della Persona dell’Anno. Linda Hill L’americana che ha vinto l’“Oscar dell’innovazione” – Docente all’Università di Harvard e uno dei massimi esperti di innovazione al mondo, è stata inserita al sesto posto nella classifica dei Thinkers50, vero e proprio “Oscar del pensiero manageriale” assegnato ai personaggi più autorevoli in quest’ambito. Negli anni ad Harvard ha creato moduli formativi – oggi tra i più seguiti – che permettono di apprendere in modo nuovo come si fa innovazione. L’ha fatto in stretta collaborazione con l’italiano Maurizio Travaglini, che con la sua società milanese Architects of Group Genius lavora da anni sugli stessi temi ed è diventato così consulente dell’Università di Harvard. Linda è autrice de Il Genio Collettivo (Franco Angeli editore) che racconta dall’interno come lavorano i team che fanno innovazione e come si comportano i loro leader. Con i suoi collaboratori ne ha individuati 16, in diverse parti del mondo e in varie aziende (dalla Pixar a Google), e li ha osservati per 10 anni molte ore al giorno, registrando cosa pensano e come agiscono. I risultati ribaltano completamente le idee acquisite sul ruolo del leader e sui processi per innovare in azienda. Arianna Menciassi La toscana impegnata nella robotica bio-medica (1971) – È una ricercatrice di fama internazionale. Laureata in Fisica a Pisa nel 1995, nello stesso anno ha iniziato a collaborare con il Centro di Ricerca in Microingegneria della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove ha intrapreso il percorso di dottorato di ricerca sulle tecniche di manipolazione di micro oggetti meccanici e biologici. Nel 2001 per questa ricerca ha vinto il Best Manipulation Paper Award alla Conferenza Internazionale di Robotica e Automazione (Seoul, Corea del Sud). Dal giugno 2006 è professore associato di bioingegneria industriale presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e coordina l’area di ricerca di “Surgical Robotics” presso l’Istituto di BioRobotica della stessa Scuola. I suoi principali interessi di ricerca riguardano la robotica biomedica e chirurgica, le tecnologie dei microsistemi e l’applicazione delle micro e nano-tecnologie alla diagnostica e alla terapia. Vive e lavora in Toscana. Al suo attivo ha oltre cento pubblicazioni e le sue ricerche sono d’aiuto per i medici nella chirurgia e nella prevenzione. “Il mondo della robotica tradizionale, quindi robotica industriale – ha detto – è molto maschile, ma la robotica biomedica, e l’ingegneria biomedica in generale, sono un mondo misto. Questo perché l’aspetto biomedico della robotica attira molto le donne, che pensano all’utilità e al valore sociale di quello che fanno forse più degli uomini”. Samantha Cristoforetti La prima astronauta italiana nello spazio (1977) – Originaria di Trento, nata a Milano e laureata in Ingegneria meccanica a Monaco di Baviera, AstroSamantha è tra i volti simbolo del nostro Paese. Innovatrice per definizione, è stata la prima donna italiana (e la terza europea) ad andare nello spazio. Durante la missione ha condotto esperimenti di fisiologia umana (dall’Università di Ferrara), analisi biologiche (wearable monitoring studiato dalla Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus) e sperimentato la stampa di oggetti 3D in assenza di peso, progettata dalle aziende italiane Altran e Thales Alesia Space. Samantha parla italiano, tedesco, inglese, francese e russo. fototo e articolo preso online


08/03/2019

Luciana Maci

19995

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