Anche il carattere della cucina, in questa regione, è quello semplice proprio di una terra di contadini la quale, però, era attraversata durante la transumanza dai pastori che dall'Abruzzo andavano in Puglia e lasciavano sul cammino i loro suggerimenti.

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Il resto lo faceva la fantasia dei poveri e, nelle case dei signori, la cura delle ''signorine'' della famiglia. Ancora oggi del patrimonio della cultura gastronomica molisana, perché di un patrimonio si tratta, sono depositarie le donne. In questa regione la donna, rispetto ad altre regioni, vive in una condizione di ''arretratezza'', e anche in questo caso si tratta di coglierne tutti i vantaggi, quale è, appunto, ai fini della conservazione delle tradizioni culinarie, una vita svolta quasi completamente dentro le mura domestiche e scandita dal ritmo delle stagioni. E allora ecco a gennaio l'uccisione del maiale e la preparazione delle salsicce, dei salami, dei prosciutti, dei cotechini fatta con l'aiuto delle vicine; ecco in primavera, a Pasqua, quando le galline riprendono a ''fetare'', la confezione delle pigne, dei panettoni, dei casciatelli di formaggio e uova. Ecco in autunno la preparazione della salsa di pomodoro, rigorosamente fatta in casa e spesso poi fatta bollire all'aperto, nei vicoli del paese, dentro grandi caldai intorno ai quali le donne trascorrono anche le ore della notte chiacchierando. Perché la peculiarità della cucina molisana è quella di avvalersi poco o niente dei prodotti industriali, e anche i ristoratori si servono di mamme e zie che, nell'ombra delle cucine, impastano, condiscono, arrostiscono usando farina, pomodori, carni di produzione propria o di amici o comunque locale. E poi l'olio. Il Molise l'ha usato da sempre, unito al lardo quando i grassi non erano tabù, da solo oggi, e in abbondanza, anche per le fritture. Pian piano, si sta facendo strada anche in questo settore la consapevolezza di avere a che fare con un bene, e che questo bene deve essere curato, valorizzato, fatto conoscere, perché può essere una delle fonti di quel benessere economico che la Regione andava cercando chissà dove. E' stata costituita qui l'Associazione delle Città dell'Olio, ne fanno parte oltre settanta paesi di cui venti molisani e la capitale è un'antica cittadina immersa fra gli olivi, Larino. Poiché, come abbiamo detto, qui i piatti sono semplici, il condimento dell'olio assume un rilievo particolare, sia perché è presente nella maggior parte di essi , sia perché, nella sua essenzialità, non copre i sapori ma li esalta. E se i prodotti sono genuini il risultato è un piatto non più semplice, bensì perfetto. Cosa sarebbe il freschissimo pesce di Termoli, vera e propria capitale della cucina marinara, dove cuochi bravi sono i pescatori stessi sulle paranze, se le specialissime triglie fossero cucinate con altro condimento che il pomodoro fresco o fossero fritte con olio che non fosse di pura oliva? Se ci andate, mangiate la zuppa di pesce servita nel coccio di terracotta, ci sono almeno una settantina di ristoranti e trattorie di pesce, abbastanza per definire quella cittadina di 32.000 abitanti città della cucina marinara. Tutti ve la faranno bene, ma qualcuno, basta chiedere, in modo egregio... Poi proseguite il viaggio e addentratevi nel Molise lungo il fiume Biferno. Nella fascia più litoranea si vedono macchie piccole e grandi di vigneti e oliveti alternati a frutteti e a campi di variopinti ortaggi. Nasce qui la gran parte dei vini e degli oli prodotti nel Molise, e dei dolcissimi pomodori. Le uve sono prevalentemente il Montepulciano e il Trebbiano, ma anche il Sangiovese, l'Aglianico, la Falanghina, il Greco, il Pinot, lo Chardonnay, la Malvasia e il Moscato. Ma il vero vino molisano è la Tintilia: il Molise ha deciso di riappropiarsene e di farne, insieme al Moscato di Montagano, il fiore all'occhiello dei suoi vini con vigne nelle zone interne. Insomma, se la Barbera significa Piemonte, la Tintilia presto significherà Molise. E bisognerà venire qui per berlo... C'è il pecorino cremoso, un formaggio che ha un suo ristretto numero di estimatori. Tutto per un errore di stagionatura, e per una puntura d'insetto... Quando lo si trova, se ne prende una forma per sé ed una per qualche amico cui si vuol fare un regalo molto speciale. La moderna industria casearia molisana si ricollega con l'arte dei pastori, e ci sono giovani imprenditori che ne hanno ereditato la sapienza e fanno dei pecorini senza pecche. La mozzarella di Bojano è sicuramente la più conosciuta, ma ci sono delizie più nascoste come la treccia e la ricotta. Di singolare bontà quelle che si fanno ad Agnone, a Vastogirardi e a Roccamandolfi. E ci sono i caciocavalli e i burrini unici di Frosolone, che hanno l'aspetto di piccoli provoloni ma custodiscono, all'interno, il loro tesoro di burro delicato. Che il Molise fosse anticamente tutto un tratturo è una realtà storica tangibile specialmente sulla sua tavola: il castrato, l'agnello, la pecora, la coratella, i torcinelli (involtini di budellini di agnello da latte farciti delle interiora). Con questi prodotti ci siamo avvicinati alla montagna. Dappertutto, lo ribadiamo, latticini svariati di cui i locali, ormai esperti, sono in grado di percepire le sottili differenze di pasta e di gusto. Ma la montagna riserva altre sorprese. Lì non solo la pecora si può mangiare bollita secondo un'antica usanza dei pastori, i quali usano prendere le più vecchie e cuocerle a pezzi in grandi caldaie (di qui il nome ''pezzata''), con tutti gli odori di piante spontanee che crescono lungo i tratturi, ma appaiono funghi e tartufi. Sia degli uni che degli altri, finora, è stato permesso uno sfruttamento selvaggio. Pochi si erano resi conto della ricchezza che avevano sotto mano. Adesso il tartufo sta diventando l'oro bianco dell'Alto Molise. Circa il 50% del tartufo bianco italiano, infatti, si raccoglie qui. E' stata fondata l'Associazione Città del Tartufo e questo tubero prezioso ha dato non solo vita a nuovi commerci, ma ha fatto la sua comparsa, infine, sulle tavole dei ristoranti molisani. Così i cuochi della montagna, ma anche quelli del mare - e ci sono tra loro dei veri artisti - hanno avuto una nuova occasione per creare ricette in cui la tradizione e la fantasia si sono sposate felicemente. A questo proposito bisogna osservare che la ristorazione molisana solo da pochi anni sta uscendo dal provincialismo che la caratterizzava. Bistecche di maiale ai ferri Il Molise comincia ora ad esprimere anche attraverso la ristorazione tutta la ricchezza di una cucina che varia da collina a collina e da paese a paese come il dialetto. E nonostante il fenomeno di rinsavimento sia recente, ci sono già ristoranti che si fregiano della mitica Stella Michelin. E poi accanto a quelli storici, c'è tutta una serie di giovani ristoratori che studiano e reinventano la tradizione, e di mamme che sono passate dalle cucine domestiche a quelle gestite dai figli. L'idea di una Termoli capitale della cucina marinara e di Campobasso capitale della pasta non sembra, a questo punto, insensata, perché viaggia di vari passo con la convinzione che il Molise deve conquistare il turismo nello stesso antico modo in cui le donne molisane hanno sempre conquistato il promesso sposo: prendendolo per la gola. La cura e la lavorazione del maiale, come dicevamo, è nel Molise una cultura diffusa, quindi diventa difficile confinarla in un luogo definito. La qualità degli insaccati e dei prosciutti dipende più dalla mano delle donne che li hanno fatti, dalla qualità della carne, dalle caratteristiche del posto in cui sono stati messi ad asciugare che da una specifica località. Citare la salsiccia di Pietracatella, la soppressata di Bonefro, Cantalupo, Castel del Giudice, Roccamandolfi, il prosciutto di Sepino, Cercemaggiore ed altri centri dell'Alto Molise, è commettere forse una piccola ingiustizia. Un discorso a parte meritano la ''ventricina'', un insaccato piccante, rosso di peperoncino, che ricorda la ''nduia'' calabrese e la ''pampanella'', che ha in San Martino in Pensilis la sua vera patria. Consiste in un maialino di massimo 90 chili preparato con peperoncino dolce o forte ed infornato. Un ultimo capitolo va dedicato al pane e alla pasta. Questa è la regina della tavola molisana, e non solo perché vi regna sovrana e mai spodestata da nessun altro piatto da secoli e secoli, non solo perché è quotidianamente presente alla mensa di ricchi e poveri (si fa per dire), ma perché qui è ottima, sia che venga, in cento forme, preparata in casa (tagliatelle, pantacce, fusilli, cavatelli, gnocchi...) sia che venga prodotta dalle industrie locali, famose già alla fine del secolo scorso. Oggi importanti pastifici continuano ad alto livello l'antica tradizione. Anche il pane, ormai, i molisani hanno imparato a distinguerlo. Ogni paese ha il suo forno artigianale e ogni pane le sue caratteristiche: quello tradizionale è fatto per lo più con farina di grano duro, a volte misto con patate che lo rendono più morbido. Ma anche in questo campo non manca la creatività dei giovani imprenditori. Particolare quello fatto con la farina di farro ed il latte di capra , pecora o vacca, secondo una ricetta che ricorda quella sei Sanniti. Per concludere, ci sembra di poter dire che semplicità e tradizione, quelle vere, fanno della cucina molisana una cucina originale, piena di profumi e di sapori. Il consumatore raffinato ed esigente, che nelle generalità dei casi è una persona colta, sensibile, appassionata, ama viaggiare e stare insieme, ne sarà attratto. Avanti, dunque, il Molise gli ripropone la bellezza e la bontà del convivio.


11/12/2018

C.Varriano

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