Comune | Scheda | |
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Venafro | Oasi W.W.F. Le MortineLa zona umida "Le Mortine" è un comprensorio esteso (ettari 150 circa) di notevole interesse naturalistico e floro-faunistico, ed è rappresentativo dell`intero corso del fiume Volturno. Il nucleo principale e più importante del comprensorio, di 33 ettari circa, è di proprietà dell` E.N.E.L. e ricade in agro dei Comuni di Capriati a Volturno (CE) e Venafro (IS), mentre i restanti ettari, 127 circa, sono rappresentati da contigue Pertinenze Idrauliche Demaniali del fiume Volturno, ricadenti nei Comuni di Capriati a Volturno (CE), Pozzilli (IS) e Venafro (IS). L`area in questione è situata intorno ed a monte dell`invaso artificiale dell`E. N. E. L. realizzato negli anni `50 per la produzione di energia idroelettrica: essa occupa un antico bacino palustre, rappresentato oltre che da acquitrini (Pertinenze Idrauliche Demaniali del fiume Volturno), da finitimi seminativi, frutteti ed uliveti, di proprietà di terzi, terreni che tuttora, per la loro posizione, vanno soggetti a periodiche inondazioni. Tale bacino artificiale di regolarizzazione delle piene è situato per buona parte nel lato destro del bacino idrografico del fiume Volturno, in prossimità ed a monte della confluenza del suo affluente sinistro, il fiume Sava, in agro dei Comuni di Capriati al Volturno, in provincia di Caserta, e di Venafro e Pozzilli in provincia di Isernia. La natura geo-pedologica è quella tipica dei greti abbandonati e delle formazioni alluvionali che si sono avute in seguito alle periodiche inondazioni e variazioni dell`alveo fluviale, con suoli profondi, ma spesso ciottolosi, superficialmente costituiti da sabbia e ricoperti, a tratti, da strati di limo. Dal punto di vista storico, il territorio comprensivo dellâOasi era una delle riserve dei Borboni, che ogni anno vi si recavano per le loro battute di caccia e dove erano presenti, oltre alla cacciagione, anche molti esemplari di lupi. Nella zona, attualmente, non vi sono vere e proprie presenze turistiche, ma soltanto fugaci visite guidate, per ragioni di studio e per escursioni naturalistiche, limitate ad alcune zone dell`area interessata. à auspicabile la creazione di un`area di sosta e di un "Centro osservazioni" della fauna, a servizio di ricercatori e naturalisti, oltreché delle scolaresche autorizzate. Entro l`intero perimetro dell`area è vietata la raccolta di prodotti, secondo la normativa generale vigente, la caccia (lungo il perimetro vi sono tabelle) e la pesca (eccetto che per un piccolo tratto dell`argine sinistro del Fiume Volturno, appositamente tabellato, ove è consentita la pesca sportiva soltanto agli associati alla F.l.P.S. Sezione di Caserta). I caratteri del clima sono quelli tipici delle zone interne del Centro-Sud della Penisola con precipitazioni nevose occasionali e piogge scarse di media intensità . FLORA La vegetazione dell`area interessata è composta da specie arboree, arbustive ed erbacee tipiche dei luoghi acquitrinosi, palustri, semi-palustri e ripari. Sul piano dominante, sono presenti i pioppi, i salici, lâontano napoletano (Alnus cordata) e lâontano nero (Alnus glutinosa). Tali piante hanno assunto l`aspetto di fustaia, insieme ad altre specie subordinate come lâolmo campestre (Ulmus campestris), il carpino bianco (Carpinus betulus), lâacero campestre (Acer campestre), lâorniello (Fraxinus ornus), ecc. Sul piano dominato vi sono il nocciolo (Corylus avellana), alcuni salici cedui, ecc. Si notano nelle zone asciutte ed aperte esemplari di ginepro comune (Juniperus communis), di robinia (Robinia pseudacacia), ecc. Significativa è la presenza sporadica della roverella (Quercus pubescens), quale testimonianza che nell`intera area, prima della costruzione della diga, il manto vegetale differiva sostanzialmente da quello attuale, dominato da poche specie legate ad ambienti umidi. Un`ulteriore conferma del preesistente equilibrio è rappresentata da singoli individui, talora inselvatichiti, di pregresse coltivazioni arboree come il noce comune (Juglans regia), il ciliegio (Prunus avium), il fico (Ficus carica), l`olivo (Olea europaea), il prunastro (Prunus spinosa), il melo (Malus sylvestris), il pero (Pyrus pyraster). Sono presenti ceppi di vite (Vitis vinifera) inselvatichiti. La vegetazione arbustacea è costituita principalmente dal biancospino (Crataegus monogyna) - alcuni soggetti raggiungono notevoli dimensioni â dal maggiociondolo (Cytisus laburnum), dallâevonimo (Evonymus europaeus), dal sambuco (Sambucus nigra), dalla sanguinella (Cornus sanguinea), dalla rosa canina (Rosa canina), ecc. Le specie da frutto rinvenute sono il rovo (Rubus fruticosus) ed il lampone (Rubus idaeus), con tappeto erbaceo di cariai (Carex cespitosa, Carex riparia, ecc.), di lisimachie, equiseti, ecc. La vegetazione, tipicamente palustre e semi palustre, è dominata dalla tifa (Tipha latifolia), dalla cannuccia (Arundo phragmites) e dalla canna (Arundo donax), dal falasco (Brachypodium pinnatum) e dalla distorta (Polygonum Distorta) dagli scirpi, dai giunchi, dalle felci, ecc. La vegetazione acquatica - tipica di questi ambienti - è costituita da potamogetonacee, alghe, ninfee, ecc. I funghi sono presenti, e tra i mangerecci si annoverano i chiodini (Armillaria mellea), le mazze di tamburo (Macrolepiota procera), i piopparelli (Agrocybe aegerita), ecc. FAUNA La fauna della zona umida "Le Mortine" è molto varia ed è quella tipica di tali ambienti. à presente un`avifauna acquatica stanziale e nidificante come il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), la beccaccia (Scolopax rusticola), il beccaccino (Capella gallinago), l`airone cenerino (Ardea cinerea), il frullino (Limnocryptes gallinula), la folaga (Fulica atra), il martin pescatore (Alcedo ispida), il germano (Anas boschas), il ciuffolotto (Pyrrhula europaea), la gallinella d`acqua (Gallinula chloropus), ecc. Tra la fauna di passo e migratoria, si annoverano il falco smeriglio (Falco aesalon), lo svasso maggiore (Podiceps cristatus), la marzaiola (Anas querquedula), il fischione (Anas penelope), la pittima (Limosa limosa), la pavoncella (Vanellus vanellus) ed altre specie ancora. Il flusso migratorio di queste specie, seguendo il corso del fiume Volturno, giunto fino all`invaso "Le Mortine" procede verso il Nord Adriatico, attraverso il Vandra, "il Pantano della Zittola" in agro di Montenero Valcocchiara (IS), ed il Fiume Sangro, oppure verso il Sud-Adriatico seguendo il Fiume Carpino, il Fiume Biferno e quindi l`invaso del Liscione, l`invaso di Occhito, ed il lago di Lesina. Alcuni uccelli, pur non facendo parte delle specie tipiche di tale ambiente, stazionano stabilmente nell`area interessata. Ciò è dovuto anche all`abbondante cibo nei limitrofi campi coltivati ed alla sicurezza del rifugio in caso di pericolo. Le specie più diffuse sono i tordi (Turdus philomelus), le tordelle (Turdus viscivorus), gli storni (Sturnus vulgaris), i pettirossi (Erithacus rubecola), i colombacci (Columba palumbus), ecc. E` stata notata la presenza della poiana (buteo buteo) e quella di altri rapaci comuni. Gli anfibi sono rappresentati dalla raganella (Hyla arborea), dalla rana (Rana esculenta) ed altre specie, tipiche dei luoghi umidi ed acquitrinosi in genere. Si notano anche ricci (Erinaceus europaeus), toporagni (Sorex araneus), arvicole (Arvicola arvalis), talpe (Talpa europaea) e, più raramente, tassi (Meles taxus) e volpi (Vulpes vulpes). La presenza di tanta fauna si spiega perché l`area interessata, rappresentata da zone paludose e semi paludose, da stagni ed invasi, oltreché da terreni incolti, è circondata da frutteti, uliveti e terreni coltivati. I versanti montuosi boscati, molto aspri, e le ampie anse del Fiume Volturno rappresentano, di fatto, un`oasi di rifugio e protezione per tutta la fauna dell`ampio comprensorio del Venafrano e del Torcino, situato tra i monti del Matese, versante campano, e quelli delle Mainarde, versante molisano. Nell`invaso-sbarramento si possono trovare la trota di fiume (Salmo farlo), l`alborella (Alburnus alborella), il barbo (Barbus barbus), il cavedano (Squalus cephalus), la tinca (Tinca vulgaris), l`anguilla (Anguilla vulgaris) ed altre specie, tipiche dei corsi d`acqua dolce, la cui presenza è segno che questa parte del Fiume Volturno non è inquinata.www.regione.molise.it/korai/xvenafro-oasiwwflemortine.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Montagano | Bosco del BaroneIl Bosco del Barone è ubicato in agro del comune di Montagano (CB) ed è esteso per circa 127 ettari. E` una delle cinque Foreste Demaniali Regionali, gestite dell`Ex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, istituto più antico di protezione delle risorse naturali . Oggi in considerazione dei divieti vigenti, quest`area può essere considerata vera e propria area naturale protetta. Lo stato di naturalità di questa Foresta Demaniale, infatti, solo in alcuni casi è stato parzialmente compromesso, sia dalla gestione del sottobosco, per la prevenzione degli incendi, sia dall`immissione nell`ambiente di piante non sempre autoctone, finalizzata nella quasi totalità dei casi alla produzione forestale e al governo o alla prevenzione del dissesto idrogeologico. Nonostante tali interventi, i divieti di transito e di esercizio di tutte le attività antropiche, legate alla risorsa bosco, hanno comunque determinato uno stato di isolamento pari se non superiore a quello di alcune aree naturali protette. FLORA La flora è costituita da associazioni vegetali di latifoglie: cerro e roverella, con sporadici faggi, aceri, carpini, salici, ecc.; sono presenti esemplari di resinose come il pino domestico e il pino dâAleppo, il cedro e il cipresso, specie utilizzate per le opere di rimboschimento. FAUNA La fauna è rappresentata da tordi, merli, colombacci, quaglie, ghiandaie ed anche rapaci come poiana e falchetto. Sono inoltre presenti volpi, lepri e cinghiali; questi ultimi provengono dai lanci effettuati dagli anni 50 in poi. Tra i mammiferi vi sono il tasso, la faina, la donnola, la puzzola, la lepre, il ghiro, lo scoiattolo, il pipistrello e piccoli roditori. Il lupo in considerazione della sua indole, frequenta certamente la Foresta Demaniale perché area poco disturbata.www.regione.molise.it/korai/xmontagano-boscodelbarone.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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San Pietro Avellana | Bosco di Monte CapraroIl Bosco di Monte Capraro è ubicato in agro del comune di S. Pietro Avellana (IS) ed è esteso per circa 195 ettari. E` una delle cinque Foreste Demaniali Regionali, gestite dell`Ex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, lâistituto più antico per quanto riguarda la protezione delle risorse naturali. Il bosco costituisce oggi un esempio di gestione del territorio ad indirizzo silvano, impostata su criteri essenzialmente naturalistici, validi per la valorizzazione anche in senso agrituristico ed ecologico-naturalistico dell`intero comprensorio Alto Molisano. Gli esemplari di flora e fauna della foresta sono conservati nel vicino Centro Visitatori di Montedimezzo. Sono presenti nel Bosco tabelle esplicative ed indicative nonché i sentieri pedonali che portano in vetta a Monte Capraro m. 1730 s.l.m.. FLORA Alle quote superiori è presente una faggeta pura mentre una cerreta pura occupa le quote inferiori. Nella zona di transizione ed ai margini medio inferiori e sotto strada si trova il bosco ceduo matricinato composto da faggio, cerro, acero spontaneo e carpino spontaneo. Dagli anni `60 sono stati eseguiti rimboschimenti e rinfoltimenti utilizzando piantine di resinose esotiche, abete bianco, abete rosso, abete greco, cedro ecc., per ripristinare la copertura arborea turbata dall`uomo, prima con tagli intensivi, poi con la messa a coltura e con il pascolo. Il bosco sta riconquistando anche spontaneamente lo spazio che gli è stato sottratto dagli ex proprietari per far posto alle colture ed ai prati-pascoli, allora necessari per il sostentamento degli abitanti del luogo. Tuttora sono in programma interventi di rimboschimento e selvicolturali per riottenere la struttura boscata originaria. FAUNA La fauna è costituita da ghiandaie, tordi, tordelle, merli, quaglie. ecc., rapaci notturni (civetta, gufo, ecc.) e diurni (poiana, falchetto, ecc.). Sono presenti anche scoiattoli, ghiri, volpi, lepri e cinghiali; queste ultime specie provengono dai lanci effettuati a più riprese. Inoltre sono stati avvistati in foresta esemplari di daini e sono state rinvenute le tracce della presenza del lupo e dell`orso.www.regione.molise.it/korai/xsanpietroavellana-boscodimontecapraro.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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San Pietro Avellana | Bosco di San Martino e CantalupoIl Bosco di San Martino e Cantalupo è ubicato in agro del comune di S. Pietro Avellana (IS). E` una delle cinque Foreste Demaniali Regionali, gestite dell`Ex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, lâistituto più antico per quanto riguarda la protezione delle risorse naturali. Il bosco si trova nella parte alta del bacino imbrifero del fiume Sangro ed occupa le basse pendici del Monte Secine e del Monte Tocco. La superficie totale di circa 215 ettari, è occupata per circa 195 ettari dal bosco, per 15 ettari circa da prati-pascoli e per i restanti 5 ettari circa da prati incolti, piste di servizio e fabbricati rurali. à una foresta demaniale regionale molto importante, sia dal punto di vista silvano che come punto di riferimento dell`istituendo Parco Regionale, in quanto è gestita secondo criteri naturalistici atti a favorire lo sviluppo ed il turismo di montagna, dato che è posta nelle immediate periferie della città di Castel di Sangro (AQ) e del centro abitato di San Pietro Avellana (IS). Da questa foresta non si ricava alcun reddito, perché i tagli sono stati sospesi dal 1968 per motivi protezionistici e conservativi; i terreni agricoli sono stati abbandonati a causa dell`emigrazione; il pascolo e lo sfalcio dell`erba sono stati anche essi abbandonati, perché non più richiesti dalle popolazioni locali per le ricorrenti crisi del settore zootecnico. Nelle vicinanze del bosco è presente un vecchio rudere denominato Taverna della Valle, testimonianza di passate civiltà Pentro - Sannitiche. Dati storici testimoniano la grande importanza politico-strategica e pastorale che aveva questo rudere, perché luogo di sosta di eserciti e di pastori con le greggi transumanti. Presso l`Archivio di Stato di Napoli, Fondo Archivio Borbonico, sono stati rinvenuti alcuni contratti di "fitto" della Taverna della Valle nonché Manifesti di Bandi d`Asta dei pascoli della Gracia di Montedimezzo ecc., documenti questi che, in fotocopia, sono consultabili presso il Centro Visitatori di Montedimezzo, ubicato in agro del limitrofo Comune di Vastogirardi (IS), dove, tra gli altri, sono conservati e fruibili anche alcuni reperti floro-faunistici di questa foresta e delle altre aree protette demaniali molisane. FLORA Il bosco è composto da specie autoctone quali cerro, alle quote medie e basse, e faggio, alle alte quote, mentre il carpino bianco e il carpino nero, il frassino minore, l`acero montano, l`acero ed altre specie ancora, sono ampiamente presenti e variamente distribuite. Lungo il fiume Sangro vegeta il salice sp., il pioppo sp., il nocciolo, ecc.; è presente anche lâacacia, la ginestra, il ginepro, il biancospino ecc., latifoglie queste utilizzate per i rimboschimenti e per i rinfoltimenti dei vuoti e delle chiarie poiché sono specie autoctone e compatibili con le cenosi endemiche. I prodotti secondari, del bosco come funghi, fragole, mirtilli, lamponi, asparagi, nocciole, ghiande, bacche di ginepro ecc., rappresentano solo potenzialmente fonte di reddito, perché non c`è alcuna richiesta, anche se i prodotti sono di ottime qualità . à diffusa la presenza spontanea di piante di querce "tartufigene" ed è notoriamente presente il Tartufo Nero (Tuber Aeshvam Vitt.) o scorzone, mentre è sporadica quella del Tartufo Bianco (Tuber Magnatum Pico). FAUNA La fauna è ricca e varia perché nei campi coltivati, limitrofi al bosco, c`è cibo in ogni stagione, riparo sicuro per l`asperità e la demanialità dei luoghi. Tra gli uccelli, si segnalano: tordi, merli, colombacci, ghiandaie, quaglie ed anche rapaci come la poiana, il falchetto, ecc. Tra i piccoli mammiferi si segnalano: donnole, faine, scoiattoli, ghiri, talpe, toporagni, ricci, ecc.; tra quelli di media taglia, lepri e volpi e non mancano quelli di grossa taglia, come cinghiali e daini. Questi animali durante il periodo di caccia sono abbondantemente presenti, perché migrano in questo luogo, considerato sicuro perché "Bandita di Caccia". Il cinghiale è stato reintrodotto per scopi venatori, mentre ad inizio anni `90 l`Ufficio Amministrazione di Castel di Sangro (AQ), ha reintrodotto il daino, per scopi naturalistici ed ecologici, anche al fine di ripopolare di selvaggina il comprensorio Sangritano.www.regione.molise.it/korai/xsanpietroavellana-boscodismartino.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Monteroduni | Bosco Monti Caruso e GalloIl complesso detto Monte Caruso-Monte Gallo è sito nei primi contrafforti del massiccio del Matese isernino in agro del comune di Monteroduni (IS) ed è esteso per circa 1016 ettari. Il bosco naturale si estende per 410 ettari circa; la restante superficie è costituita da pascoli naturali, terreni fertili e incolti sterili. E` una delle cinque Foreste Demaniali Regionali, gestite dell`Ex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, lâistituto più antico per quanto riguarda la protezione delle risorse naturali. Allâinterno del complesso, oltre ai beni naturali, sono presenti anche beni di valore storico come i ruderi di mura ciclopiche e di abitazioni primitive, testimonianza di antiche civiltà Pentro-Sannitiche. FLORA Benché siano geograficamente collocate in aree ed a quote differenti, la roverella ed il cerro sono le specie dominanti di questo complesso; le specie più ricorrenti con le quali vegetano in associazione sono invece leccio, acero, carpinella, carpino bianco, carpino nero, faggio, frassino, siliquastro, terebinto oltre a numerose specie arbustive ed erbacee. L`attuale gestione tende a ripristinare l`ordinaria fitocenosi del bosco di latifoglie, anche su vecchi pascoli e coltivi, effettuando rimboschimenti con piantine di latifoglie già presenti in zona. FAUNA La fauna è rappresentata da quasi tutte le specie appenniniche ad esclusione dei grandi ungulati, frequentatori occasionali solo di alcune aree. Il lupo, in considerazione della sua indole, frequenta certamente la Foresta Demaniale perché area poco disturbata. Tra i mammiferi vi sono la faina, la donnola, la volpe nonché la lepre, il ghiro, lo scoiattolo. Anche gli uccelli sono presenti in molte specie appenniniche, stanziali, nidificanti e altre ancora vi trovano rifugio per sostare durante le migrazioni. www.regione.molise.it/korai/xmonteroduni-boscomonticarusoegallo.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Vastogirardi | Bosco PennataroLa Foresta Demaniale Regionale statale, bandita di caccia Bosco di "Pennataro" (già Pignataro) si trova in agro del Comune di Vastogirardi (IS), nell`Alto Molise, bacino idrografico del fiume Vandra affluente del Volturno. Questa foresta, in seguito all`emanazione, nell`anno 1799, delle leggi eversive dei beni Ecclesiastici, è pervenuta al Demanio Forestale dello Stato nel 1907. Essa faceva parte, infatti, con le contigue foreste di Montedimezzo e di Feudozzo, della Gracia dei Monaci della Certosa di S. Martino al Torrione di Napoli, i quali l`avevano acquistata nel 1608. L`intero complesso boscato, esteso circa 1200 ettari, fu dichiarato inalienabile con la legge 29.06.1908 n. 376. Passò in seguito alla Azienda di Stato per le Foreste Demaniali (legge 05.01.1933 n. 30), e alla fine degli anni `60 è stato ripartito in tre nuclei: due (foreste di Montedimezzo e di Feudozzo) sono rimasti allo Stato, il terzo (foresta di Pennataro) fa parte del Demanio forestale della Regione Molise, (legge 15.5.1970 n. 281 e Decreti interministeriali 28.10.1974 e 5.3.1975) e da allora è affidato in gestione all`Ufficio Amministrazione, ex ASFD di Isernia. Nel Centro Visitatori di Montedimezzo, sono stati già raccolti e collezionati atti e documenti d`Archivio di questa foresta, vi sono pure conservati e catalogati alcuni reperti floro-faunistici. FLORA Gran parte della superficie del complesso è occupata da boschi di latifoglie endemiche, mentre la restante parte da resinose (abete bianco e pino nero provenienti da recenti rimboschimenti), da praterie e infine da strade, piste e tare varie. Le specie arboree dominanti sono rappresentate dal cerro e dal faggio e, mentre il cerro occupa circa 250 ettari, alle quote basse e medie, il faggio è presente su circa 20 ettari, occupando le quote più elevate ed i versanti e le vallecole esposti a Nord; la fascia vegetazionale delle quote intermedie, estesa per circa 25 ettari, è costituita da bosco misto a prevalenza di cerro e faggio, con carpini e aceri sp., il tutto di notevole valenza silvana. I tagli sono stati sospesi per fini conservativi della natura dalla fine degli anni `60. Ai margini della cerreta e della faggeta, c`è costante presenza di carpino sp., acero sp., frassino minore, perastro, melastro, nocciolo, salice sp., biancospino ecc. Oggi, i redditi di questa foresta provengono esclusivamente dall`unico sfalcio dell`erba primaverile delle praterie demaniali e dal pascolo dei bovini da latte degli allevatori di Villa S. Michele (ex Pagliarone), frazione di Vastogirardi (IS), vicino centro di tradizioni agro-silvo-pastorali. FAUNA La fauna è molto varia ed abbondante, e tra gli uccelli si annoverano tortore, colombacci, aironi cinerini, ghiandaie, merli, tordi, quaglie, ma anche rapaci come civette, gufi, poiane, falchetti, ecc. Tra i piccoli mammiferi sono presenti toporagni, talpe, ricci, ghiri, donnole, faine, scoiattoli, tassi, ecc.; tra quelli di taglia media, la lepre e la volpe. Si nota saltuariamente il daino, mentre è costante la presenza di branchi di cinghiali, che in foresta hanno fissa dimora, trovandovi rifugio, quale luogo sicuro perché "Bandita di caccia". Il cinghiale proviene dai ripopolamenti, per fini venatori, effettuati dagli anni `50 in poi. Il daino è stato reintrodotto recentemente con lanci di ripopolamenti, anche per scopi venatori, eseguiti nella vicina foresta demaniale Statale di Feudozzo gestita dall`Ufficio Amministrazione Foreste Demaniali di Castel di Sangro (AQ). Rara è invece la presenza del lupo.www.regione.molise.it/korai/xvastogirardi-boscopennataro.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Tufara | Bosco PianelleIl Bosco Pianelle si trova a pochi chilometri dal centro abitato di Tufara. Lâarea è caratterizzata dalla tipica macchia appenninica la quale da una altezza di circa 1000 m sul livello del mare domina le valli che dal Molise portano alla Puglia e alla Campania. La zona del bosco è ricca di cerri e alberi di alto fusto che fanno da ornamento naturale rendendo il luogo attraente ed interessante. Si possono ammirare la piana del fiume Fortore, l`invaso artificiale di Occhito, i panorami di molti paesi limitrofi, nonché una corona di colline che fanno da sfondo ad un paesaggio che spicca per la particolare bellezza agreste. L`abbondante verde contribuisce a renderla ancora più bella e suggestiva. Nel pieno rispetto per l`ambiente, il bosco è stato attrezzato con un`area protetta per chiunque voglia passare delle giornate in compagnia della natura. Nel bosco si trovano un campeggio, un`area per picnic, un`area di servizi con ristorante e posto telefonico pubblico, un`area sacra per le funzioni religiose ed un`area destinata agli spettacoli e agli incontri culturali. à possibile trovare anche zone con gli impianti sportivi e piccoli bungalows attrezzati. Dal mese di luglio a settembre vengono organizzate nel bosco manifestazioni di varia natura. FLORA Sono presenti cerri e alberi d`alto fustowww.regione.molise.it/korai/xtufara-boscopianelle.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Frosolone | Colle dell'OrsoLa montagna di Frosolone, che raggiunge le maggiori altitudini sul Colle dellâOrso (1393 m) e sulla Montagnola (1421 m), che appartiene al comune di Civitanova del Sannio, è una delle zone più belle della regione per le incomparabili caratteristiche del paesaggio, per le magnifiche vallate, per le praterie, per i secolari boschi di faggio, per la presenza di qualche piccolo lago. Nellâarea della Montagnola-Colle dellâOrso, si possono distinguere due paesaggi morfologicamente distinti: i ripidi versanti dei contrafforti calcarei e le ondulate superfici del versante nord-occidentale. Il sottosuolo non è meno vario; i fenomeni carsici hanno lavorato e cesellato il territorio con la creazione di numerosi cunicoli, cavità e grotte. FLORA Nellâarea Montagnola â Colle dellâOrso, le zone più interessanti dal punto di vista naturalistico sono quelle comprese nelle fasce sub-montana e sub-mediterranea. La prima, che va dagli 800 ai 1500 m s.l.m. risulta ricca di boschi di faggio associati a orniello, carpino nero, acero di monte, acero campestre, sorbo e tasso man mano che si scendedi quota, mentre alle quote più alte domina il cerro. La seconda è ricca di specie quercine, e le zone umide, piuttosto frequenti, conservano integra la loro struttura originaria, che, associata alla scarsa antropizzazione, offre un habitat sicuro a molte specie ornitiche. FAUNA Raro, ma segnalato, il lupo, è presente la tipica fauna minore forestale: la volpe, il tasso, il cinghiale, la donnola, la martora, la faina. Numerosi i rapaci che predano sullâaltipiano e nelle radure tra i boschi: il nibbio reale, la poiana, il gheppio e il lodolaio.http://www.regione.molise.it/korai/xfrosolone-colledell'orso.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Vari-provincia di Campoba | Fiume BifernoIl Biferno è l`unico fiume del Molise che scorre interamente in territorio regionale. Anticamente chiamato Tifernus (fiume infernale) è lungo Km. 93 e nasce dalle falde del Matese presso Bojano, alimentato dalle copiose sorgenti: Sorgente Majella, Sorgente S. Maria di Rivoli,Sorgente delle Pietrecadute, Sorgente Rio Freddo. Queste sorgenti assicurano al primo tratto un flusso abbondante e regolare di limpide acque. Dopo aver attraversato Bojano, riceve le acque di due affluenti, il Funo e il Callerale. Presso Ponte della Fiumara, la portata aumenta, ricevendo le acque del Rio Freddo e del Quirino. Dopo aver attraversato la piana di Bojano si incanala in una stretta valle, la Valle del Biferno, caratterizzata, fino ad Oratino, da un terreno essenzialmente franoso. Verso Guardialfiera la valle si allarga assumendo le caratteristiche del bassopiano; qui il Biferno riceve le acque del torrente Cigno, che scende dalla collina di Casacalenda e si immette nell`invaso artificiale del Liscione (Lago di Guardialfiera). Dopo lo sbarramento il Biferno continua il suo cammino verso Termoli, ricevendo le acque di altri torrenti. Questo fiume divide il Molise in due, per cui, in passato, fu necessario costruire su di esso numerosi ponti (romani, carolingi, normanni, etc.) alcuni dei quali ora sono sommersi dalle acque del lago di Guardialfiera. (Ponte di Annibale). Attualmente circa i 2/3 della portata del fiume vengono convogliati in una condotta (al di sotto del Monte Mutria), per gli usi potabili della Campania. La foce del Biferno, che si apre a Termoli con una cuspide deltizia molto pronunciata, è una delle Oasi di Protezione Faunistica gestite dall`Amministrazione Provinciale di Campobasso, un`area di particolare valore paesaggistico e naturalistico, di rifugio, riproduzione e sosta della fauna selvatica in cui, al momento, vige solo il divieto di attività venatoria e che per una pressione antropica ad impatto limitato, mantiene un buon livello di conservazione. FLORA La flora e` rappresentata dalla tipica vegetazione ripariale, conservata soprattutto nel tratto intermedio del fiume. Vi crescono arbusti, salici, pioppi, robinie, ontani.. FAUNA Tra la fauna, sono presenti numerose specie di uccelli, come la nicottera, il germano reale, il falco reale, il nibbio bruno, l`airone cenerino, e numerosi mammiferi come la lontra, ricomparsa da poco sulle rive del lago di Guardialfiera. La diminuzione della portata e l`inquinamento delle acque hanno ridotto la presenza di fauna ittica, che è possibile trovare solo su alcune aree della riserva.www.regione.molise.it/korai/xvari-fiumebiferno.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Vari-provincia di Isernia | Fiume TrignoIl Trigno, anticamente denominato Trinius, dopo il Biferno, è il secondo fiume che maggiormente interessa il territorio molisano. Nasce sull`altipiano tra Carovilli e Vastogirardi: le sue sorgenti, ai piedi del Monte Capraro, nei pressi di Vastogirardi (IS) sono quelle di Capo Trigno, (portata media da aprile ad agosto 2,2 mc./sec.), e ai piedi del Monte Difesa Grande, denominate S. Angelo (portaata media da aprile ad agosto 2,5 mc./sec.). Il fiume per un tratto di circa km. 35, scorre interamente in territorio molisano, dalle origini, nei pressi di un santuario italico, fino al confine interprovinciale tra Campobasso ed Isernia. In questo primo tratto il fiume incontra e delimita il bosco degli Abeti Soprani di Collemeluccio, Riserva Orientata M.A.B. posta sotto il patrocinio dell`Unesco, ed è attraversato in più punti dalla superstrada Fondovalle del Trigno, che successivamente ne segue parallelamente il corso fino al mare. In questa prima parte del percorso il fiume ha un andamento tranquillo, ma presso Chiauci (IS) , in località Foce era possibile ammirare una cascata con un salto di circa 60 metri. Le cascate di Chiauci (medio e basso tratto) , prima della loro distruzione, rappresentavano un luogo di grandissimo interesse naturalistco e paesaggistico, censito dal CNR tra i biotipi di importanza nazionale. In località Vomero, dove il fiume si presenta con uno splendido scenario, dividendosi le acque in numerose cascatelle su un ampio fronte, frazionate da grossi massi grigi e con una folta vegetazione idrofila e igrofila, su una parete rocciosa, a circa mt.20, si apre una cavità . E` questo l`ingresso di una splendida grotta, scoperta dallo speleologo B. Paglione. La grotta,il cui percorso si inoltra per circa 800 mt., ha le caratteristiche di una condotta forzata con le pareti lavorate dalla forza delle acque, che le hanno scolpite lasciandole irte di spuntoni. Di altezza quasi sempre ridotta, si è costretti a percorrerla in buona parte carponi, ad eccezione di quei tratti in cui la grotta, rialzandosi, ha le volte coperte di festoni. Nel secondo tratto di circa km. 45 segna il confine con l`Abruzzo. Da qui in poi, il fiume assume un andamento alternato, procedendo a volte impetuoso, a volte tranquillo. In una valle ampia e maestosa lambisce la Chiesa di S. Maria di Canneto. Negli ultimi 7 km. rientra in territorio molisano e giunge al Mare Adriatico: in questo tratto è possibile anche la navigazione con barche. Nel suo procedere, il Trigno raccoglie le acque di numerosi torrenti: il vallone Fosso del Mulino (proveniente dal territorio di Vastogirardi) il Torrente Verrino (lungo 22 km. e proveniente dal territorio di Capracotta), il Torrente Sente ( proveniente da Agnone) che lo alimentano dal versante sinistro. Dal versante destro, alimentano il fiume il Torrente Vella (proveniente da Molise), il Torrente Rivo (da Salcito), il Vallone Roccole (che nasce tra S. Felice del Molise e Montemitro), il Torrente Castellece ( che proviene da Palata ed Acquaviva Collecroce) ed infine il Vallone Canniviere (che proviene dai territori di Mafalda e Montenero di Bisaccia). Il tratturo Pescasseroli-Candela lo percorre in vari tratti, per poi attraversarlo in prossimità della cinta di S. Onofrio,dove si trova un bosco di cerri secolari, dai margini del quale il tratturo si arrampica per la cresta rocciosa. La Foce del Trigno è un`oasi di protezione. FLORA e FAUNA Per quanto riguarda la flora, il fiume lungo le sponde è ricoperto da una folta vegetazione di salici, pioppi, maggiociondoli e anche cerri, fino a delimitare il bosco di abeti soprani della riserva M.a.B.. La fauna comprende trote e gamberi, e , tra gli uccelli, esemplari di aironi, germani reali, cenerini e nitticore. www.regione.molise.it/korai/xvari-fiumetrigno.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Vari-provincia di Isernia | Fiume VolturnoIl Volturno, il fiume più grande del Mezzogiorno d`Italia, sorge dalle Mainarde, raccogliendo le sue acque sotterranee in sorgenti a ventaglio, situate alle pendici di Monte Azzone sulla Piana di Rocchetta, in un paesaggio di rara bellezza. Il Volturno, dopo un percorso iniziale fatto di meandri, precipita dallo scalino di Rocchetta, dando forma ad una suggestiva cascata, e si unisce al torrente Rio, dove confluiscono lo Iemmare, proveniente dalla displuviale del Sangro, e il Rio Colle Alto che, dopo la gola di San Michele riceve il Rio Vigna Lunga. Dopo l`apporto di questi torrenti, il Volturno s`impegna nella stretta gola della cartiera di San Vincenzo. In questo punto, si delimita una valle fluviale asimmetrica, che fa da contraltare ai terreni erosi dalla frana del versante meridionale di Monte Santa Croce. Successivamente il Volturno crea una valle simmetrica, tipicamente a "V", fino a Colli. Il corso d`acqua, in fase torrenziale, scorre in un unico alveo tra macigni calcarei e lastre di travertino. In seguito, il Volturno riceve il Rio Chiaro, che nasce sulle Mainarde, tra Monte Mare e Monte Cavallo. Fino a qualche tempo fa, il fiume defluiva al Volturno fino a giugno inoltrato; oggi questo torrente, anche in caso di notevole portata sorgiva, esaurisce la sua forza a circa due chilometri più a valle delle sorgenti. Successivamente, il Volturno cambia aspetto, e si apre nella Valle Porcina, dove il corso d`acqua vaga in modo naturale specie nel corso inferiore della Valle, dove si trova un`estesa area boscata igrofila. Nella parte meridionale di Valle Porcina affluiscono a raggiera i torrenti Cavaliere e Mandra: il primo raccoglie le acque del Sordo e del Carpino, e incide nel suo ultimo tratto una gola di grande interesse paesaggistico e naturalistico, detta Fossatella, che verrà purtroppo in parte interrotta dalla realizzazione di uno sbarramento fluviale Infine nell`ultimo tratto di Molise, il Volturno, dopo aver ricevuto i primi contributi idrici del Matese ed attraversando i depositi alluvionali della Piana di Venafro, ripiega il suo corso parallelamente alla catena appenninica. Il Volturno per lunghi tratti segna il confine tra il Molise e la Campania, e proprio sui limiti territoriali fra le due regioni, nel comprensorio di Venafro e Capriati al Volturno, il fiume scorre in uno degli ambienti naturali più importanti del suo intero bacino idrografico: la zona umida "Le Mortine". FLORA La vegetazione ripariale che un tempo avvolgeva il Volturno, oggi è presente solo in aree limitate in formazioni boschive dotate di un buon grado di naturalità . Tra di esse assume particolare importanza naturalistica il bosco igrofilo delle Mortine, di cui il nucleo boschivo meglio conservato concesso dall`ENEL al WWF (che vi ha creato unâOasi) rappresenta un frammento in parte intatto da almeno 45 anni. In quest`area, interposta tra le Mainarde ed il Matese, il Volturno attraversa una fitta coltre boschiva igrofila, caratteristica unica del corso del fiume. Poco prima dello sbarramento dell`ENEL, il fiume si allarga e le sue acque lente permettono lo sviluppo di un canneto che ricopre anche le sponde del bacino di regolazione. FAUNA L`avifauna acquatica è rappresentata da numerose specie di anatre, aironi e rapaci, come il Nibbio e la Poiana. Pur essendo affidati al WWF circa 30 ettari di territorio contiguo all`impianto ENEL "Presa Volturno", il comprensorio abbraccia una estesa isola demaniale fluviale ed un lago artificiale, interessando in totale circa 50 ettari. L`area è stata dotata di percorsi natura, capanni per l`osservazione della fauna, di una stagno didattico, di un centro visite e di un`area picnic per l`accoglienza dei visitatori.www.regione.molise.it/korai/xvari-fiumevolturno.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Campobasso | Giardino del convitto M. PaganoIl giardino si trova nel centro abitato della città , ed è annesso allo storico Convitto Mario Pagano. Vero gioiello botanico, ricco di specie pregiate e rare, risale alla fine dell`ottocento e si affaccia su una piazza importante della città , contornata da importanti edifici storici: il Banco di Napoli, il Palazzo del Governo, la Banca d`Italia, ed ovviamente il Convitto Mario Pagano. Tra i suoi alberi ci sono esemplari di Cedro del Libano e di Ginkgo Biloba, rari alle nostre latitudini. La prima pianta, proveniente dal Libano e dalla Siria, è stata introdotta nei paesi europei nei secoli scorsi, sia a scopo ornamentale che per la qualità del suo legno. Di origini antichissime, è citata dalla Bibbia come esempio di incorruttibilità e magnificenza. Le foglie aghiformi sono di un colore verde scuro e riunite in singoli ciuffi portati da rametti laterali. Il Ginkgo Biloba è invece originario della Cina e del Giappone, dove è considerato albero sacro, e fu introdotto in Europa nel diciottesimo secolo come esemplare da orto botanico; successivamente fu coltivato come pianta ornamentale nei giardini. La sua origine è antichissima, visto che risale a circa duecento milioni di anni fa, come testimoniano i fossili ritrovati: questo giustifica lâappellativo di âfossile viventeâ. Le sue foglie hanno un picciolo molto lungo che si prolunga a forma di ventaglio, dallâaspetto triangolare, con venature che si dipartono dalla base fino al margine superiore: le foglie sono di colore verde chiaro in estate e prima di cadere, assumono una sfumatura dorata. http://www.regione.molise.it/korai/xcampobasso-giardinoconvittompagano.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Capracotta | Il Giardino di Flora AppenninicaIl Giardino, si estende alle pendici del Monte Campo, a circa 1500 metri di altitudine su una superficie di circa 10 ettari, ed è situato in posizione dominante la Valle del Sangro, con un`ampia vista diretta sulle Mainarde, sulla Maiella e su tutto il Molise. Il Giardino della Flora Appenninica offre la possibilità di osservare, in un luogo facilmente accessibile, esempi tipici della vegetazione dell`Appennino. Anticamente il luogo era occupato da una abetina coltivata, successivamente tagliata per la costruzione della Chiesa Madre del paese; il prato rimasto fu adibito a pascolo e la crescita rigogliosa di piante nitrofile (Heracleum pyrenaicum, Chaerophyllum aureum, Urtica dioica) è legata probabilmente alla presenza del bestiame. Tranne alcuni terrazzamenti, effettuati con muri a secco, e i sentieri, l`ambiente è quello originario lasciato allo stato naturale ed inserito nel paesaggio rupestre e sassoso delle pendici di Monte Campo, che fa da splendido sfondo. Il Giardino è sorto circa trent`anni fa come centro sperimentale di coltivazione di piante medicinali e abbandonato per molti anni; attualmente, la collaborazione con l`Università del Molise, stipulata mediante convenzione, assicura alla struttura l`indispensabile supporto scientifico. Le nuove attività intraprese hanno come scopi principali la didattica, lo sviluppo dell`ecoturismo e la protezione sia dell`ambiente che delle specie minacciate da estinzione. Oggi, nel Giardino, crescono spontaneamente circa 400 specie distribuite in vari ambienti, i quali possono essere distinti in: A) prati aridi e rocciosi; B) prati nitrofili; C) zone umide; D) rocce e rupi; E) cespuglieti; F) faggeta. Il periodo in cui è possibile ammirare la maggior parte delle meravigliose fioriture che abbelliscono gli angoli del Giardino va da giugno a luglio, ma anche in tutti gli altri mesi è possibile godere degli aspetti variopinti della vita delle piante: le foglie giallo-dorate del faggio insieme alle bacche ed ai frutti rossi e neri di tanti arbusti si ammirano nei mesi autunnali, i muschi e i licheni insieme ai disegni variegati delle cortecce in inverno, mentre in primavera si può cogliere l`apertura delle prime gemme e lo spuntare dei crochi tra la neve. Ogni stagione ha il suo fascino e per questo si invita a visitare il Giardino più volte durante l`anno. Ogni specie è stata segnalata con un cartellino dove, oltre al nome della Famiglia, è indicato il Genere (primo nome maiuscolo), a cui segue un secondo nome minuscolo (la Specie) ed in alcuni casi anche quello della Sottospecie. L`abbreviazione con il punto indica il nome del botanico che per primo ha descritto la specie. E` riportata inoltre la distribuzione nelle regioni d`Italia; le specie sono presenti solo in poche regioni dell`Appennino. FLORA La vegetazione arborea spontanea è rappresentata dalle specie della faggeta: Fagus sylvatica, Acer pseudoplatanus, Sorbus aucuparia, che si rinvengono sparsi o raggruppati in piccoli nuclei. Inoltre, sono presenti esemplari di Agrifoglio (Ilex aquifolium) abbastanza diffusi e noti per il fogliame lucido sempreverde e le bacche rosse, oltre al Tasso (Taxus baccata) che, molto frequente sul Monte Campo, è stato reintrodotto nel Giardino, in quanto si presume che esso fosse originariamente presente nel luogo e poi eliminato con il taglio. Nel sottobosco della faggeta sono presenti molte specie a fioritura precoce, quali l` Anemone apennina, la Corydalis cava, la Viola reichenbachiana, la Galanthus nivalis, lâAllium ursinum. Per le felci, sono da rilevare il Polystichum setiferum e per gli arbusti la Daphne laureola e la Daphne mezereum; da notare la Daphne laureola sempreverde, che occupa le posizioni più riparate e calde. Le specie che occupano la fascia di mantello circostante la faggeta sono rappresentate da arbusti e piccoli alberi molto frequenti e sparsi dovunque nel Giardino; essi sono: il Rhamnus alpinus, la Lonicera alpigena, il Sambucus nigra, il Viburnum lantana, lâEvonymus latifolius. Questi arbusti sono da ammirare per i frutti che maturano in autunno, con colori brillanti che vanno dal nero al rosso vivo. I prati rocciosi risentono dell`aridità estiva e le più belle fioriture si presentano da giugno a luglio. Tra le specie più vistose sono: la Centaurea ambigua, il Dianthus carthusianorum, il Leucanthemum tenuifolium e la Campanula glomerata, oltre alle piante medicinali, quali la Digitalis ferruginea, la Gentiana lutea, l âAtropa belladonna, lâAchillea millefolium e l` Hypericum perforatum. I prati nitrofili si riconoscono per la crescita rigogliosa di piante alte e vigorose, quali l`Heracleum pyrenaicum, dalle ampie ombrelle verdastre e le cui foglie emanano un odore caratteristico. Nelle zone umide, realizzate con tre pozze dalle diverse caratteristiche e che fanno parte di una falda sorgiva presente all`interno del Giardino e da cui attinge l`acquedotto di Capracotta, le specie dalle fioriture più vistose sono l`Epilobium angustifolium e l`Epilobium hirsutum, i salici, i giunchi, oltre ad alcune orchidee e ad altre specie introdotte appositamente perché ritenute interessanti; tra queste ricordiamo il Chrysosplenium alternifolium, rarissima in tutto l`Appennino e da considerare specie minacciata di estinzione e meritevole di misure di protezione, come la rarissima Epipaclis palustris, orchidea presente nel Molise solo in tre piccolissimi popolamenti seriamente minacciati. Un`attrattiva particolare del Giardino è rappresentata da alcuni grandi massi rocciosi caratterizzati da piante rupestri, quali la Daphne oleoides, dalle bacche arancioni, sassifraghe, felci e piante succulente (Sedum rupestre, Sedum album, Sedum dasyphyllum), tutte piante che insediano le loro radici nelle fessure della roccia.http://www.regione.molise.it/korai/xcapracotta-giardinofloraappenninica.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Castel San Vincenzo | Lago di Castel San VincenzoOpera dellâuomo, il lago di Castel San Vincenzo è comunque ben inserito nel territorio, ed è stato realizzato alla fine degli anni â50 a scopi idroelettrici. Il lago, realizzato nel territorio del comune di Castel San Vincenzo, occupa una superficie di 6,140 kmq, ed ha una capacità utile di 10 milioni di metri cubi di acqua. Lo sbarramento, in terra battuta, è situato tra i 783 m. s.l.m. dove si trovano i primi contrafforti e il rilievo dellâabitato di Castel San Vincenzo. Lâinvaso è riempito con lâacqua del lago della montagna Spaccata situato sui confini dei vicini comuni di Alfedena e Barrea, a quota 1050 metri circa, ed è alimentato da acque piovane e, principalmente, da quelle che provengono dallo sbarramento del torrente Rio Torto che scorre in territorio abruzzese. Queste acque, convogliate in condotte forzate mediante gallerie scavate nella roccia in montagna, alimentano prima la centrale elettrica di Pizzone, e poi si riversano nel laghetto di Castel San Vincenzo; dal lago, infine, con un salto di 146,50 metri, mettono in moto la grande centrale elettrica di Colli al Volturno: il lago è sotto la giurisdizione dellâENEL. Lo scenario è molto suggestivo, in quanto il lago è circondato dalle montagne che si specchiano nelle sue acque, regalandogli riflessi cangianti. Sulle sue rive sono praticabili diversi sports, come il surfing e il maneggio. Sono presenti inoltre sentieri che permettono di inerpicarsi nella Valle di Mezzo. Da questi sentieri si raggiunge la cima di Monte Mare, da dove, nelle giornate terse, si possono vedere sia il Mare Tirreno che il Mare Adriatico. Una sponda del lago ospita unâarea attrezzata per camping, e nelle vicinanze sono presenti due strutture ricettive, di cui una aperta tutto lâanno. http://www.regione.molise.it/korai/xcastelsvincenzo-lago.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Guardialfiera (CB)-Casaca | Lago di GuardialfieraIl lago di Guardialfiera è un invaso artificiale realizzato negli anni 60/70 per accumulare acqua ad uso potabile, agricolo ed industriale. Tale invaso è stato creato sbarrando con una diga colossale le acque del Biferno nei territori di Larino, Casacalenda e Guardialfiera. Il lago serve ad irrigare una superficie di 20.000 ettari di territorio del Basso Molise. Oltre ad alimentare con acqua potabile i comuni di Termoli, Campomarino, Portocannone, San Martino in Pensilis e Ururi, serve il nucleo industriale di Termoli. Il lago è attraversato dalla Bifernina (S.S.647) con due viadotti lunghi rispettivamente 4,5 e 3,5 chilometri. Ai piedi della diga, presenta due centrali idroelettriche di 3 e 4 megawatt, azionate dall`acqua di scarico. Lâambiente circostante è caratterizzato da colline di media altitudine, laddove lâuomo non è intervenuto, da boschi di Cerro e Roverella, tipici della fascia mediterranea, e da specie ugualmente importanti dal punto di vista ecologico. In questâarea, fino a poco tempo fa, vivevano le lontre, esemplari di gatto selvatico e di martora. Tali animali potrebbero tornare nei nostri fiumi e nei nostri boschi se ci fosse da parte dellâuomo un uso più appropriato ed organico del territorio. Tuttavia, va messo in rilievo che i vari corsi dâacqua esistenti nellâarea e i numerosi boschi caratterizzano notevolmente lâambiente, rendendolo ancora piacevole ed attraente e consentendo a molte specie animali di vivere e riprodursi in modo soddisfacente. La creazione di questa zona "umida" ha comportato l`instaurarsi di una nuova fauna ma anche di una rigogliosa flora. In considerazione del fatto che lâinvaso di Guardialfiera è di recente costituzione e che la sua origine è del tutto antropica, i suoi equilibri risultano essere alquanto delicati. Ne consegue che la fauna ittica ed acquatica è presente nellâarea con poche specie che andranno via via aumentando solo se le attività umane risulteranno rispettose di questi equilibri (eliminando perciò rumori, disboscamenti, discariche, incendi dolosi, turismo selvaggio ecc.). Eâ opportuno che ciascun visitatore che si reca al lago rifletta sul fatto che la nostra regione è alquanto povera di ambienti umidi, e che in questo contesto, il lago rappresenta una vera e propria fonte di ricchezza, sia sotto il profilo turistico che sotto quello naturalistico. Infatti tale area ricade tra le Oasi di Protezione Faunistica, classificate come "UMIDE", per la salvaguardia, per lo più, dell`avifauna migratrice. Nella maggior parte di tali aree, il vincolo di Oasi di Protezione vige da alcuni anni: ciò ha determinato per molte specie selvatiche stanziali l`opportunità di insediarsi con consistenti popolazioni; per alcune specie migratrici sono stati verificati tentativi di nidificazione, in alcuni casi portati a termine con successo. Pertanto, dal punto di vista giuridico, le Oasi di Protezione non sono vere e proprie aree naturali protette: nei fatti, alcune hanno un eccezionale valore naturalistico e mantengono un buon livello di conservazione. Oggi le Oasi di Protezione, quali aree di rifugio, di riproduzione e di sosta della fauna selvatica, vengono istituite nell`ambito della pianificazione faunistico-venatoria che le Amministrazioni Provinciali sono delegate a programmare ogni tre anni. Essendo la visita libera, la regolamentazione è data solo dal buon senso civico di chi frequenta l`area. FLORA Grazie ai rimboschimenti in loco effettuati dalla Guardia Forestale, sono presenti numerose specie di alberi come il frassino,il cipresso, il pino d`aleppo, il pino arizzonico, lâontano nero, il pioppo bianco, il salice, il terebinto, il quercino, la farnia, lâolmo campestre. Inoltre è possibile osservare residui di macchia mediterranea. FAUNA La creazione di questa zona "umida" ha comportato l`instaurarsi di fauna fluviale, come carpe, trote, anguille, barbi, cavedani, lucci, e di una significativa avifauna acquatica, come la Spatola (uccello di palude appartenente alla famiglia dei Ciconiformi), l`Airone cenerino, il Germano reale, la Cicogna bianca, la Cicogna nera, il Cormorano, il Falco pescatore, il Nibbio bruno, la Gru, lo Svasso maggiore; tra gli altri animali, sono presenti la volpe, la puzzola, il tasso, la donnola, la faina e la testuggine dâacqua, presente nei piccoli corsi dâacqua limitrofi al lago.www.regione.molise.it/korai/xvari-lagodiguardialfiera.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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vari Provincia di Campoba | Lago di OcchitoIl Lago di Occhito è un invaso artificiale creato con un sbarramento sul Fiume Fortore, che divide il Molise dalla Puglia, e fa parte del complesso degli impianti per l`irrigazione di un comprensorio di 143 mila ettari di terreni lungo il corso vallivo del fiume Fortore e nella pianura del Tavoliere, compresi nel perimetro del Consorzio per la Bonifica della Capitanata. Il serbatoio effettua l`accumulo stagionale dei deflussi del bacino sotteso in un lago artificiale dalla superficie di 13 Kmq ed ha una capacità totale di 333 milioni di mc., di cui 250 milioni utili. Il bacino imbrifero sotteso è di 1012 Kmq. La diga ha una altezza di circa 60 m. A ridosso della imponente diga si rimane ammirati nello scoprire tra valli e monti la vasta distesa dâacqua costituita dallâinvaso artificiale, visto lo scenario incantevole ricco di boschi sulle pendici del lago. Il lago di Occhito è classificato come zona umida secondo la classificazione ufficiale della Convenzione di Ramsar, entrata in vigore in Italia nel 1977: la Convenzione ha come scopo principale la protezione e conservazione delle Zone Umide. FAUNA Nella zona del lago è possibile osservare un gran numero di uccelli, per lo più migratori, che hanno scelto il lago come tappa nei loro spostamenti. Tra di essi si trovano il germano reale, la canapiglia, il fischione, il mestolone, la moretta, il moriglione, la folaga, lâoca selvatica, lâoca lombardella, lâoca granaiola, il cormorano.www.regione.molise.it/korai/xvari-lagodiocchito.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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San Polo Matese(CB)-Campo | Massiccio del MateseIl Matese è uno dei più importanti massicci calcarei dellâItalia peninsulare, sia per lâestensione di oltre 1000 kmq, sia per lâaltezza dei monti (Monte Miletto 2050 m) e sia ancora per la ricchezza delle acque che da essi scaturiscono. Ampi pianori di origine carsica sono presenti nelle parti alte della montagna, profonde spaccature si aprono lungo i versanti, dove, in periodi piovosi o nevosi, riescono a scorrere torrenti, che, nello scendere a valle, rapidamente, formano suggestive cascate. Dal Matese si possono ammirare amplissimi panorami a giro dâorizzonte, da Monte Miletto nelle giornate particolarmente limpide è possibile scorgere contemporaneamente lâAdriatico e il Tirreno, Ischia e le Tremiti, il Tavoliere delle Puglie e le Mainarde. Il massiccio ha una configurazione leggermente arcuata, con direzione da nord ovest a sud est ed è compreso tra la valle del Volturno ad ovest ed il fiume Tammaro ad est, tra il fiume Calore a sud e la piana di Bojano a nord est. Il Matese non è interamente compreso nel territorio molisano ed infatti a sud, segna il confine con le province limitrofe di Caserta e Benevento. Dal versante verso il Tirreno si presenta come un enorme bastione dalle erte fiancate, ma con estesi pianori nellâalto, mentre verso il versante adriatico scende con declivi molto meno ripidi, caratteristica questa di enorme importanza per lâidrografia, sia superficiale che sotterranea. Il versante molisano del Matese, infatti, è ricco di sorgenti le cui acque sono state captate per alimentare lâacquedotto molisano-campano. Il massiccio del Matese appartiene al periodo cretacico e rappresenta, perciò, il territorio più antico del Molise, potendo far salire la sua emersione dalle acque a circa 120 milioni di anni fa. La sua formazione, però, secondo i naturalisti, non fu simultanea, ma graduale, poichè nellâaltezza dei suoi massi si osservano tre ordini di rocce che documentano tre successivi stadi di emersione. A semplice titolo di curiosità si può dire che nella formazione dellâItalia peninsulare, il massiccio del Matese si è formato dopo il gruppo del Gran Sasso, ma prima di quello della Maiella in Abruzzo. FLORA La vegetazione è rigogliosa ed è caratterizzata da una precisa zonizzazione altimetrica, con latifoglie decidue, querceti e castagneti nelle zone basse, con conifere, faggete e pascoli in quelle più alte. Dellâabete bianco, un tempo assai diffuso, non resta che un piccolo nucleo, non più di dieci, quindici esemplari, in fondo alla gola del torrente Quirino. Dai 900-1000 m fino al limite superiore della vegetazione, la foresta si presenta come faggeta quasi pura. I fitonimi più frequenti sul Matese â Costa Tre Faggi, Sorgente della Quercia, Colle delle Castagne, Campo dellâAcero, Campo delle Secine, Cerreto, le Castagnete â ci indicano le essenze più diffuse. Numerose le essenze del sottobosco rappresentate prevalentemente dalla genziana, dalla digitale, dal sambucus ebulus, dal ginepro, dallâagrifoglio, e dalle bellissime orchidee spontanee. FAUNA La fauna è assai interessante, anche se rispetto al passato è notevolmente ridotta sia nel numero, sia nella specie. Sono presenti tra i mammiferi: il cinghiale, la martora, il gatto selvatico, la faina, il tasso, il lupo, tra gli uccelli: la ghiandaia, la coturnice, il fagiano, il gufo reale, il falco pellegrinowww.regione.molise.it/korai/xvari-montidelmatese.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Campobasso (CB)-Busso (CB | Monte VairanoMonte Vairano, che nel punto più alto raggiunge i 998 metri, si trova tra Campobasso e Busso, e domina una vasta area sottostante. Dal punto di vista geologico, Monte Vairano ha la configurazione tipica del Molise centrale; il rilievo è di origine sedimentaria, sono presenti numerosi ciottoli arrotondati di origine fluviale, ed affiorano numerose sorgenti disposte sul perimetro dellâarea. Il suo contesto ambientale è molto interessante, poiché è caratterizzato da unâelevata biodiversità : quasi tutta lâarea è coperta da una fitta vegetazione a bosco ceduo e con alcune zone rimboschite che costituiscono un complesso botanico di alto valore, sia per le specie tipiche del luogo che per le specie successivamente impiantate. Tra le specie più frequenti si trovano il cerro matricinato, che a causa della sua diffusione sullâAppennino meridionale è diventato un importante elemento economico della zona per la sua elevata produttività , la roverella, il farnetto, lâorniello, il carpino nero, il castagno, il ginepro; è presente anche la quercia spinosa, ricordo delle passate transumanze. Sul versante sud si trovano ampi rimboschimenti di pini mediterranei e cipressi: del tutto inaspettata è la presenza di un gruppo di abeti bianchi, di larici e di pini silvestri. Anche se tipiche di altre zone, queste specie contribuiscono a rendere più articolato il paesaggio ed aumentano lâinteresse per un bosco di grande pregio biologico. Altrettanto varia è la vegetazione arbustiva ed erbacea: nelle radure e vicino alle rocce si trovano i cisti bianchi e rosa, lâeliantemo, lâelicrisio ed il timo. Nelle fascia più bassa è presente la ginestra e le rosa canina, a confine tra il bosco ed i campi coltivati. Monte Vairano è interessante anche dal punto di vista antropologico, in quanto è stato abitato fin dallâantichità , in epoca sannita e medievale, rappresentando una valida fonte di reddito per le popolazioni del luogo, fornendo loro legna da ardere, pascolo per il bestiame e prodotti del sottobosco. Sulle sue pendici sono stati trovati i resti di un casa di epoca sannita, chiamata casa di LN, dalle iniziali che sono state rinvenute sui ruderi: dagli scavi effettuati si è potuto ricostruire molto della storia dei Sanniti, popolo molto più civilizzato di quanto si pensasse. Recentemente, Monte Vairano è stato valorizzato dalla nascita di un parco archeologico â naturalistico, attrezzato con strutture ricettive, culturali e didattiche, espositive e sportive, per soddisfare tutte le esigenze dei possibili utenti. Tutte le stagioni sono ideali per visitare Monte Vairano: infatti, in primavera si possono ammirare grandi fioriture con le montagne innevate a fare da sfondo, in estate câè lâesplosione rigogliosa del verde delle foglie, in autunno sono presenti calde tonalità dorate e rossastre ed infine in inverno il bosco è tutto imbiancato perché coperto dalla neve.www.regione.molise.it/korai/xvari-montevairano.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Casacalenda | Oasi LIPUNel territorio comunale di Casacalenda (CB), sulle pendici del Cerro del Ruccolo, una delle più alte vette dei Monti Frentani posta tra il massiccio del Matese e la costa Adriatica, si estende l`area protetta gestita dalla LIPU. LâOasi occupa i due terzi del Bosco Casale: negli anni â20, la zona fu inserita nel piano dei tagli cedui e il disboscamento programmato ogni 15 anni si fermò solo nei primi anni Novanta, quando il Comune di Casacalenda, proprietario della zona, destinò il bosco ad area protetta. L`Oasi è stata istituita nel 1994 con una convenzione tra il Comune di Casacalenda e la Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU). Già Oasi di protezione faunistica del Piano Faunistico Venatorio Provinciale, essa costituisce la prima area protetta della Provincia di Campobasso, inserita nell`Elenco Ufficiale delle Aree Naturali Protette del Ministero dell`Ambiente. Sembra che questa sia l`oasi d`Italia più ricca di farfalle, di cui si popola nel mese di giugno. Presso il Centro Visita vi sono anche un piccolo museo del bosco, le vasche per gli anfibi ed una serra per le farfalle. FLORA Si tratta di un bosco collinare di latifoglie di circa 100 ettari, inserito in un paesaggio tipicamente rurale. L`oasi è costituita interamente da boschi, se si escludono alcune piccole radure, testimonianza delle vecchie aree carbonili usate fino a qualche anno fa dai boscaioli. Tre piccoli ruscelli ai bordi del bosco ed una piccola zona incolta contribuiscono alla diversità ambientale dell`oasi, che in primavera, grazie alle primule, alle viole e alle 12 specie di orchidee, si presenta come un immenso tappeto fiorito. Tipici elementi di questo bosco collinare sono i suggestivi cerri e i maestosi faggi, con alla base dense macchie di biancospino e rosa canina. Nell`area sono presenti anche sentieri natura e punti di osservazione, i quali sono incorniciati dalle rosse bacche del corniolo e dai profumati fiori bianchi del prugnolo, dal raro giglio rosso e dalla ginestra dei carbonai. Gli aspetti naturalistici che caratterizzano l`area sono quelli tipici del bosco collinare di latifoglie. Le specie dominanti sono il cerro e la roverella, che vegetano in associazione con un`altra quercia, il più raro farnetto, e con altre essenze arbustive, tra cui la ginestra, il corniolo, il prugnolo e il biancospino. FAUNA In considerazione della sua posizione geografica, il Bosco Casale, inserito in un contesto territoriale prevalentemente agricolo, è divenuto negli anni un importante sito di rifugio e foraggiamento per molte specie della fauna locale, soprattutto uccelli. Sono frequentatori abituali dellâOasi anche il riccio, il tasso, la puzzola, la donnola e la volpe tra i mammiferi, oltre a numerosi altri piccoli roditori. Gli uccelli sono sicuramente gli abitanti più numerosi (oltre cento le specie osservate e censite) e di più facile osservazione, soprattutto durante alcuni periodi dell`anno: tra questi il picchio verde, la ghiandaia, la beccaccia, la gazza e il colorato rigogolo, simbolo dell`oasi, sono i più comuni. Il nibbio reale, la poiana, il biancone, lo sparviero, il falco pecchiaiolo ed il falco lanario sono alcuni dei rapaci diurni presenti nell`Oasi, oltre al gufo comune, all`allocco, al barbagianni ed alla comune civetta che, tra i rapaci notturni, caratterizzano la fauna di Bosco Casale. Durante il mese di giugno l`oasi è popolata da una moltitudine di farfalle, che attirano centinaia di visitatori, offrendo loro uno spettacolo multicolore. Infatti, presso lâOasi LIPU di Casacalenda câè unâattenzione particolare per le farfalle, tanto che qui vivono protette più di 110 specie di coloratissime diurne ed oltre 300 falene, mimetiche ed elusive, dalle abitudini prevalentemente notturne e, nella zona protetta, è facile imbattersi in vistose e colorate farfalle come vanesse, silvani e icari. Questo è importante in considerazione anche del fatto che sono sempre meno le farfalle che frequentano le periferie delle città , riducendo la loro presenza a poche ed abituali specie, a testimonianza della perdita della biodiversità : infatti, lâeliminazione delle siepi, lâuso sconsiderato dei pesticidi e la graduale ma costante perdita di prati incolti hanno inferto un grave colpo alla sopravvivenza di molte specie. Le farfalle, infatti, sono considerate infallibili indicatrici dello stato di salute degli ambienti, e la loro scomparsa suona come un campanello di allarme per tutte le forme di vita. NellâOasi di Casacalenda, inoltre, sono in atto programmi didattici e progetti specifici che puntano alla divulgazione presso il grande pubblico, oltre che alla conoscenza e alla tutela degli ambienti favorevoli a questi insetti. Un sentiero natura, corredato da pannelli didattici, permette ai visitatori il riconoscimento immediato delle diverse specie di fiori e dei tanti animali; il percorso si snoda allâinterno del bosco, passando tra le pozze naturali degli anfibi e i siti di osservazione delle farfalle. http://www.regione.molise.it/korai/xcasacalenda-oasilipu.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Guardiaregia(CB) -Campoch | Oasi Naturale W.W.F. di Guardiaregia-CampochiaroLâOasi Naturale WWF di Guardiaregia â Campochiaro, è ubicata interamente nel territorio dei comuni di Guardiaregia e Campochiaro sul versante orientale dellâimponente Massiccio del Matese, dai 550 m s. l. m. di Santa Maria ad Nives fino ai 1823 m s. l. m. di Monte Mutria. La forte differenza altimetrica è un aspetto fondamentale di questo territorio che, insieme alle caratteristiche geo-morfologiche dellâarea delle gole e della montagna, contribuisce ad identificare due ambienti naturali che proprio per la loro diversità rendono veramente interessante la visita allâintera area protetta. Allâinterno dellâoasi è presente una frattura che ha dato origine alla Gola del Quirino, approfondita sempre più dallâerosione dei calcari e modellata nel tempo dallâimpetuoso scorrere delle acque meteoriche. LâOasi è costituita da due aree distinte: lâarea delle gole del Torrente Quirino, di 128 ettari, situata a ridosso del paese e caratterizzata da una lunga, stretta e profonda incisione tra il centro abitato e le alture dei monti Capraio e Torretta e lâarea di Monte Mutria, di 928 ettari, interamente ricoperta da una fitta faggeta, e caratterizzata da diversi canaloni, fra cui il più spettacolare, il canalone Cusano. âRaveâ, canaloni, torrenti, sorgenti e rivoli rappresentano una delle caratteristiche più importanti di tutta lâarea che si presenta ricca di piccoli corsi dâacqua, fra cui i torrenti Rio Vivo e Quirino e la spettacolare cascata di San Nicola, che ha un salto totale di circa 100 metri. FLORA Nell`Oasi Naturale di Guardiaregia-Campochiaro si possono trovare diverse tipologie di vegetazione. In particolare vi sono due habitat considerati prioritari nei progetti di ricerca comunitari Bioitaly ed Habitat, "le foreste dei valloni del Tilio-Acerion" delle Gole del Torrente Quirino e "le faggete di Taxus baccata ed Ilex aquifolium" di Monte Mutria e della Montagna di Campochiaro. La vegetazione delle Gole del Quirino mostra due specie molto interessanti, come il Leccio, che costituisce una delle rare localizzazioni matesine, e il Corbezzolo, segnalato sul versante orientale del Massiccio del Matese. Sulle pendici del Mutria, così come sulla Montagna di Campochiaro, vi è il Faggio, che forma fustaie spettacolari: in località "Tre Frati" sono presenti alcuni imponenti esemplari dall`età stimata in circa 500 anni. Alle quote altimetriche più basse e anche sui versanti esposti a S-SO, si individuano altre formazioni vegetali quali il Carpino nero, il Cerro, l`Orniello, l`Acero di Lobelius, il Maggiociondolo e il Corniolo. Nella stagione primaverile, sul Monte Mutria si possono ammirare le fioriture del Croco, del Garofano selvatico, dell`Androsace villosa, della Soldanella alpina e della Primula auricola. Inoltre, in diverse zone dell`Oasi è possibile osservare altre belle fioriture come il Giglio di San Giovanni, l`Aquilegia vulgaris, l`Anemone dell`Appennino, l`Hepatica nobilis e la Belladonna. Considerazioni a parte meritano le orchidee: nell`area dell`Oasi ne sono state censite 34 specie, alcune delle quali di notevole interesse. FAUNA La fitta copertura vegetazionale di gran parte del territorio dellâOasi e la particolare orografia del Monte Mutria e della gola del Quirino, con lunghi tratti inaccessibili per lâuomo, fanno sì che lâOasi di Guardiaregia â Campochiaro sia, fra le aree del versante orientale del Matese, quella più ricca di specie animali. Molto importante è la presenza del Lupo, che è periodicamente avvistato; tra gli altri mammiferi si segnala la presenza di esemplari di Gatto selvatico, Tasso, Scoiattolo e Cinghiale. Vista la ricchezza dâacqua nel periodo primaverile, gli anfibi sono una presenza fondamentale nellâOasi, ed è molto interessante lâosservazione di un raro endemismo italiano come la Salamandra dagli occhiali, simbolo dellâOasi, ma anche lâUlulone dal ventre giallo e la Rana dalmatica, tutti presenti in primavera, sia sul torrente Rio Vivo che sul San Nicola, mentre nelle umide giornate autunnali, nel sottobosco della faggeta, non è difficile osservare la grande Salamandra pezzata. Tra i rettili si segnala la Natrice dal Collare. Per quanto riguarda gli uccelli rapaci è possibile osservarli soprattutto nellâarea delle gole, dove nidifica il rarissimo Lanario; inoltre sono presenti il Falco pellegrino, il Nibbio reale e la Poiana. Fra gli altri uccelli si ricorda il Gracchio alpino, sui costoni del Mutria e su tutta lâarea, il Picchio rosso maggiore, il Picchio verde e il Picchio muratore; nelle vicinanze dei torrenti San Nicola e Rio Vivo è possibile imbattersi in esemplari del caratteristico Merlo acquaiolo. NellâOasi, infine, sono state censite circa 200 specie di farfalle notturne e diurne: fra questâultime ricordiamo la rara Zerynthia polyxena, il Parnassius mnemosine e la Nymphalis antiopa. VISITE GUIDATE LâOasi Naturale di Guardiaregia â Campochiaro è aperta tutto lâanno. Per le singole visite guidate, per le visite di gruppo e per le scolaresche è possibile prenotare telefonando al Centro Visite oppure direttamente alla guardia del WWF.www.regione.molise.it/korai/xvari-oasiwwfguardiaregiacampochiaro.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Carovilli | Oasi Selva di CastiglioneL`Oasi, denominata Selva di Castiglione, è stata istituita il 30 gennaio 1997 con una convenzione tra il comune di Carovilli ed il circolo Legambiente di Isernia. E` la prima esperienza di gestione diretta di un`area protetta, avviata da un associazione ambientalista nell`Alto Molise. Legambiente ogni anno organizza nell`area campi internazionali di ripristino ambientale e sentieristico. Dal 1998 è anche oasi di ripopolamento e cattura. L`habitat principale, quello che caratterizza gli aspetti naturalistici dell`Oasi, è una cerreta d`alto fusto, tra le più interessanti e significative dell`alto Molise. Ha una superficie di oltre 300 ettari ed è collocata presso uno dei tratti più suggestivi del fiume Trigno. Tale bosco nel passato ha rappresentato una risorsa economica non indifferente per il comune fino ai primi del Novecento, sia per le entrate derivanti dalla vendita di legname, sia per il pascolo dei suini. Esiste presso il comune una pergamena nella quale sono riportati i confini dei lotti e le norme da rispettare per il pascolo. Se gli aspetti naturalistici dell`oasi ne hanno determinato la conservazione, quelli architettonici potranno divenire motivo di valorizzazione e fruizione turistica: mulini, fontane, piccole chiese rurali e la stessa borgata di Colle Arso, oggi disabitata, sono solo alcune delle strutture il cui recupero e riuso potrà servire ad avviare piccole ma vitali attività economiche. FLORA Il cerro, specie dominante, vegeta in associazione con altre specie arboree ed arbustive quali:l`acero campestre e montano, il carpino bianco e quello nero, l`orniello, il nocciolo, il biancospino.Nel sottobosco alligna il rovo, il prugnolo, la rosa canina, il corniolo e l`agrifoglio. L`oasi è ricca anche di funghi e tartufi. FAUNA La fauna della Selva Castiglione è presente con molte specie appenniniche, sia mammiferi che uccelli, situazione probabilmente determinata dalla vicinanza di altre aree naturali protette, tutte insrite comunque in un contesto territoriale, quello dell`Alto Molise, che ancora oggi mantiene un buon livello di conservazione generale anche nelle aree più antropizzate. Faina, donnola, tasso, volpe, cinghiale, lepre, scoiattolo e ghiro sono le specie più frequenti, oltre al daino, introdotto per scopi venatori e di ripopolamento. Il lupo, in passato assai più numeroso, è ancora presente sia nell`oasi che in tutto il comprensorio limitrofo. Per quanto riguarda l`orso bruno, benché per questo settore del Molise non vi siano dati storici sufficienti sullo stato e la consistenza della sua popolazione, oggi è comunque possibile confermare l`occasionalità della sua presenza in alcune aree dell`Alto Molise. Tra gli uccelli risultano presenti il nibbio reale, la poiana, lo sparviero, il gufo comune, la civetta ed il barbagianni tra i rapaci; inoltre sono presenti il colombaccio, la beccaccia, il picchio verde, la ballerina gialla e numerosi altri passeriformi tipici dei boschi di latifoglie.http://www.regione.molise.it/korai/xcarovilli-oasiselvadicastiglione.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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vari-provincia Campobasso | Parco dei TratturiIl Parco dei Tratturi del Molise è abbastanza recente: infatti la Regione Molise lo ha istituito lâ11 aprile 1997, con legge regionale n. 9. La motivazione fondamentale dellâistituzione del parco è la salvaguardia di un patrimonio unico che testimonia le origini pastorali dei molisani; infatti, le cosiddette âautostrade del passatoâ non erano solo vie di comunicazione per le greggi tra le montagne ed il mare, ma rappresentavano dei veri e propri luoghi di incontro in cui si socializzava, si tenevano delle feste, si pregava nelle chiesette sparse lungo il percorso. La transumanza, vale a dire la pastorizia trasmigrante, fu una vera e propria civiltà che risale sicuramente allâepoca protostorica: era regolata da severe leggi pubbliche e, a cominciare dallâepoca romana, anche soggetta a prelievi fiscali. I tratturi furono perciò strade particolari, disposte come i meridiani (tratturi) ed i paralleli (tratturelli e bracci), e formavano una rete viaria a maglie strette che copriva in modo equilibrato ed uniforme tutto il territorio. Lungo questi assi viari sorgevano delle vere e proprie âstazioni di servizioâ per uomini e animali: ai bordi sorgevano infatti opifici, taverne, chiese, che garantivano ai pastori la necessaria assistenza. Sui tratturi sono sorti più di 60 centri abitati, tra cui Campobasso, Isernia e Bojano. Perciò i tratturi sono da considerare veri e propri musei allâaperto, in cui si trovano testimonianze di ogni tempo e di ogni tipo, architettonico, naturalistico, archeologico, della natura e dellâuomo. Dal punto di vista naturalistico e geografico, i tratturi si sviluppano per circa 4086 ettari, e consistono in lunghe piste erbose che si diramano in un paesaggio molto vario, che va dalle montagne alle colline, alle valli, e che toccano fiumi e laghi. Ancora oggi, nei tratturi si possono trovare specie di piante che altrove non esistono più: infatti, nelle strade di erba, non essendo state mai coltivate, esistono fiori ed essenze che altrove sono state eliminate dalle coltivazioni. Inoltre, i tratturi attraversano boschi di faggio, di cerro e zone a prato. La fauna presente comprende molte specie tipiche della zona, dai mammiferi come cinghiali, lepri, tassi, donnole, faine, volpi, scoiattoli, ghiri, agli uccelli come gufi, poiane, barbagianni, civette, passeracei.www.regione.molise.it/korai/xvari-parcodeitratturi.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Pizzone (IS)-Castel San V | Parco Nazionale d'Abruzzo (settore Mainarde)Istituzione pilota per la conservazione della natura, il Parco Nazionale dâAbruzzo è stato creato allâinizio del 1923 su territorio in prevalenza abruzzese, ma comprensivo anche di zone laziali e molisane. Il Parco costituisce un complesso integrato di ambienti naturali il cui fulcro è il nucleo montuoso della Camosciara - Mainarde. L`asse portante del Parco è il fiume Sangro. Tra i laghi ricadenti nell`area protetta, interessante è il lago Vivo, che deve il suo nome al fatto di avere una dimensione variabile, a seconda delle stagioni: cresce in primavera, durante il disgelo, e si riduce in estate-autunno, scomparendo quasi totalmente per dispersione carsica. Il principale bacino lacustre artificiale di Barrea, è stato realizzato nel 1951 e, pur rendendo piacevole l`ambiente e ospitando una ricca popolazione di avifauna, ha di fatto interrotto il tratturo Pescasseroli- Candela. I centri di vista si trovano a Pescasseroli (Museo Naturalistico, Parco Faunistico, Giardino Appenninico) e a Civitella Alfedena (Museo del Lupo Appenninico). Gli Uffici di zona si trovano a Scapoli (Area faunistica del Cervo e Centro Italiano della Zampogna), a Filignano, a Castel S. Vincenzo (Museo della Fauna Appenninica), a Pizzone (Centro visita dell`Orso Marsicano) e a Rocchetta al Volturno. Unâimportante innovazione del Parco Nazionale dâAbruzzo è la divisione in zone allâinterno dellâarea protetta (cd. Zonazione), che permette di precisare i diversi usi del territorio e le attività dellâuomo possibili e compatibili con lâesistenza del parco stesso. Zona A - Riserva integrale Eâ la parte più delicata dal lato ecologico, naturalistico e paesaggistico, e merita la conservazione assoluta. Lâaccesso ai visitatori è consentito solo a piedi, possibilmente accompagnati da una guida del Parco, lungo appositi sentieri delimitati. Eâ il regno della natura lasciata alla sua spontanea evoluzione. Zona B â Riserva generale. Si tratta di una grande zona "verde" parzialmente antropizzata, che bisogna conservare e riqualificare. Le attività tradizionali dellâuomo, quelle agroâsilvoâpastorali, sono consentite sotto il controllo dellâEnte. La visita è permessa solo a piedi e a cavallo lungo itinerari turistici; con mezzi motorizzati esclusivamente lungo le strade carrozzabili autorizzate al traffico. Questa zona costituisce il punto di incontro e di convivenza tra lâuomo e la natura. Zona C â Protezione Eâ lâambiente tipicamente rurale, dove predominano e vengono incoraggiate le attività agricole e pastorali, nel rispetto delle tradizioni locali. La visita è libera. Questa zona è lo spazio della natura plasmata al servizio dellâuomo. Zona D â Sviluppo Eâ costituita dai villaggi abitati, dove i centri storici vengono restaurati e rivitalizzati. Vi si trovano attrezzature del Parco, quali aree di pic-nic, aree faunistiche, centri di visita e sentieri natura. Questa zona consente lo sviluppo di attività culturali e ricreative per le comunità locali. Il Settore Mainarde è oggi considerato, in termini naturalistici e paesaggistici, una delle aree più interessanti dell`Appennino, ed entrò a far parte del Parco Nazionale dâAbruzzo nel 1990, dopo una lunga e sofferta storia. I comuni molisani compresi nell`area del Parco sono: Filignano, Scapoli, Rocchetta al Volturno, Castel S. Vincenzo e Pizzone. La temperatura media oscilla tra gli 8°C e i 12°C, riducendosi ulteriormente durate l`inverno, quando sulle Mainarde e sul monte Meta scende abbondantemente sotto gli 0°C, spostando la media stagionale ancora più in basso. Tutte le importanti presenze faunistiche, erbacee ed arbustive testimoniano non solo un elevato grado di conservazione degli habitat che le ospitano, ma anche la loro peculiarità ed in certi casi unicità nel quadro della diversità biologica. La conservazione di queste specie e la loro attuale consistenza, per questi territori, oggi viene garantita esclusivamente dall`applicazione di efficaci strumenti legislativi in materia di aree protette. Per quanto riguarda la fauna, lâanimale più emblematico, nonché simbolo del Parco, è lâorso bruno marsicano, che ha rischiato lâestinzione: per i visitatori non è facile incontrare gli orsi, che di giorno restano nascosti nel più fitto del bosco cibandosi di bacche, insetti ed altri prodotti; tra gli altri mammiferi, il camoscio dâAbruzzo, il capriolo, il cervo, il gatto selvatico, la lontra, la martora, la faina, il tasso, la puzzola e il lupo appenninico, difficili da avvistare; sono più comuni la volpe, la lepre, il riccio e la talpa. Tra gli uccelli, sono presenti circa 250 specie, tra cui lâaquila reale, lâastore, il barbagianni, il gufo reale e lâallocco tra i rapaci; tra gli altri, la ghiandaia, il colombaccio, la cincia e il picchio, tra cui il raro picchio dorsobianco, il merlo acquaiolo, il germano reale e la ballerina. Tra le circa trenta specie di rettili e anfibi, è presente la vipera. Il verde delle radure e delle praterie dâaltitudine e il grigio delle rocce sono ravvivati da una miriade di fiori multicolori: esistono circa 1200 specie solo di piante superiori. Tra le varietà esclusive, il pino nero di Villetta Barrea, la magnifica orchidea, il giaggiolo marsicano e la genziana. Bellissime le fioriture primaverili ed estive di viole, crochi, soldanelle, gigli, anemoni, primule e ranuncoli: tra i fiori più rari, la "scarpetta di Venere" e lâIris Marsica, esclusiva del Parco. Inoltre, nelle zone montane sono presenti immense selve di faggi, boschi di cerri nelle valli, e sulle rocce, formazioni di pino nero. Un campionario di alberi e piante che, per imponenza, suggestione paesaggistica ed importanza naturalistica, non ha eguali in nessuna altra parte della catena appenninica.http://www.regione.molise.it/korai/xvari-parconazionaleabruzzo.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Pescolanciano | Riserva naturale di Collemeluccio M.a.B.Collemeluccio e Montedimezzo, pur facendo parte della stessa riserva, sono due nuclei separati che distano tra loro meno di venti chilometri e, per quanto riguarda la vegetazione arborea, sono ben diversi, perché uno è caratterizzato da resinose (abete bianco) e lâaltro da latifoglie (cerro e faggio).Tuttavia, nel 1975, furono fusi in unâunica riserva della biosfera M.a.B. (le riserve Man and Biosphere istituite dallâUNESCO in tutto il mondo sono in totale 329, in Italia ve ne sono cinque) perchè entrambi sono ecosistemi forestali seminaturali di particolare interesse sia per le scienze naturali che per quelle umane ed ambientali e rappresentativi dei problemi socio â economici ed agro â silvo â pastorali che caratterizzano le zone interne dellâAppennino centrale e meridionale. âCollemeluccioâ, unico bosco di resinose del Feudo Vignali, già di proprietà del Duca DâAlessandro di Pescolanciano, nel 1628 fu acquistato dalla nobildonna Desiderata Mellucci, da cui si ritiene derivi il nome, consorte del duca. Rimase di proprietà dei DâAlessandro fino al 1895, anno in cui fu espropriato dal Banco di Napoli ed acquistato da tre famiglie e suddiviso nel tempo, per una serie di successioni ereditarie, in tante piccole quote. A partire dal 1968, la foresta costituisce bene inalienabile dello Stato, gestito dallâex Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, la quale si è impegnata in unâopera di ricomposizione che, fino ad oggi, ha portato alla formazione di un consistente nucleo di 363 ettari, e che, continuando lâopera di accorpamento, permette di raggiungere, in un prossimo futuro, lâestensione dei circa 500 ettari originari della selva di abeti di Collemeluccio. Durante il periodo di gestione privata, il bosco era regolarmente utilizzato ed il legname di abete venduto per travame ed altri prodotti artigianali, con mercato ristretto ai comuni limitrofi. Il bosco veniva, poi, abbondantemente pascolato, mentre le latifoglie consociate alla conifera erano governate a ceduo per la produzione di legna da ardere e carbone vegetale. Sembra tuttavia che, soprattutto per quanto riguarda la fustaia di abete, le utilizzazioni fossero alquanto contenute ed eseguite nel rispetto di elementari norme tecniche che hanno consentito al soprassuolo di rinnovarsi naturalmente, in una certa misura, e di sopravvivere, poi, a due periodi di crisi particolare, caratterizzati da drastiche utilizzazioni in corrispondenza degli ultimi conflitti mondiali. Rispetto agli altri nuclei a prevalenza di abete bianco, dei quali è opportuno ricordare quelli denominati âabeti sopraniâ (comuni di Pescopennataro e SantâAngelo del Pesco), lâabetaia di Collemeluccio fruisce di un clima meno rigido rispetto a quello di Montedimezzo che le consente di realizzare accrescimenti più sostenuti. Attualmente, nella zona costituita in riserva, le aree di alto fusto di abete prevalgono nettamente (con oltre il 70 %) su quelle in cui predomina il cerro consociato ad altre latifoglie (acero campestre e opalo, carpino bianco, frassino maggiore e ossifillo, olmo montano); da oltre un ventennio nessun taglio viene eseguito, ad eccezione di limitati interventi a carattere colturale, finalizzati al conseguimento degli obiettivi assunti con la costituzione in riserva. Lâaltitudine varia tra i 792 ed i 1.075 m, la pendenza è generalmente modesta ed i terreni, del tipo âsuolo bruno calcareiâ, derivano da unâunica formazione miocenica, costituita da arenarie micacee, argille scistose e calcari marnosi. Le precipitazioni sono in media di 900 mm e vi è umidità diffusa e stagnante, specie nelle valli. In estate il clima è mite, mentre in inverno è rigido, con neve abbondante che permane per un paio di mesi. FLORA Lâabete bianco è specie dominante endemica che vegeta allo stato puro alle quote medie cui si associa il cerro, lâacero spp. e il carpino nella zona medio bassa (con sottobosco rigoglioso rappresentato soprattutto da biancospino, prugnolo, nocciolo salice spp.) ed il faggio alle quote elevate (con un sottobosco molto povero costituito in qualche caso dal pero, melo, prunastro, sorbo, maggiociondolo, ecc.). Lâabete e il bosco in genere stanno pian piano riconquistando gli ex seminativi e gli interclusi di privati, abbandonati da anni, sparsi qua e là , al centro ed ai bordi della riserva, dove il pascolo e lo sfalcio non sono più esercitati. FAUNA Abitano o frequentano la foresta il cinghiale, la volpe, la lepre, il tasso, la donnola, la faina, lo scoiattolo, il ghiro; sono presenti la poiana, il gufo, il barbagianni, la civetta, ecc. Piuttosto numerosi sono il colombaccio, che vi nidifica, la ghiandaia, la tortora, il merlo, il picchio e molti altri passeracei. Sono presenti diverse specie di chiocciole, tra cui lâElice pomazia. Da recenti studi sulla MACROLEPIDOTTEROFAUNA effettuati nellâabetina dal Prof. G. Rotundo dellâUniversità degli Studi del Molise, è emersa lâimportanza faunistica ed in particolare lâinteresse per la biodiversità del territorio. Difatti sono state individuate 218 specie, di cui 133 segnalate per la prima volta nel Molise. Tra i rettili è presente la biscia e qualche vipera e abbondano anche i rospi, i ramarri e le lucertole. Molto numerosi, anche se in misura minore rispetto al passato, sono la trota e il gambero di fiume che popolano il Trigno e lâultimo tratto del torrente Salcitaro, confine meridionale della riserva. NOTIZIE UTILI Lâabetina di Collemeluccio, relitto di boschi di resinose anticamente diffusi su tutta la dorsale appenninica, nel 1957 è stata inclusa per le sue caratteristiche nel libro Nazionale dei boschi da seme â scheda N. 13 - e nel 1975 nella rete internazionale delle riserve della biosfera. I semi provenienti dalla foresta sono impiegati per produrre piantine per rimboschimento nel centro â sud dâItalia. DOVE SI TROVA La riserva si trova nel comune di Pescolanciano. Come raggiungerla:da Isernia si giunge nella foresta demaniale di Collemeluccio, riserva M.a.B., percorrendo per una quindicina di chilometri la strada a scorrimento veloce âTrigninaâ fino allo svincolo di Pescolanciano, poi la strada statale 86 Histonia e quindi la provinciale Trignina per Pietrabbondante. Dopo circa 6 chilometri si entra in foresta a partire dal ponte sul Salcitaro. VISITE GUIDATE Le visite, solo guidate, si effettuano previa autorizzazione dellâUfficio Amministrazione e con lâassistenza del personale del Comando Stazione Forestale ex A. S. F. D. di Montedimezzo â Vastogirardi (IS)www.regione.molise.it/korai/xpescolanciano-riservamabcollemeluccio.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Vastogirardi | Riserva naturale di Montedimezzo M.a.B.Collemeluccio e Montedimezzo, pur facendo parte della stessa riserva, sono due nuclei separati che distano tra loro meno di venti chilometri e, per quanto riguarda la vegetazione arborea, sono ben diversi, perché uno è caratterizzato da resinose (abete bianco) e lâaltro da latifoglie (cerro e faggio).Tuttavia, nel 1975, furono fusi in unâunica riserva della biosfera M.a.B. (le riserve Man and Biosphere istituite dallâUNESCO in tutto il mondo sono in totale 329, in Italia ve ne sono cinque) perchè entrambi sono ecosistemi forestali seminaturali di particolare interesse sia per le scienze naturali che per quelle umane ed ambientali e rappresentativi dei problemi socio â economici ed agro â silvo â pastorali che caratterizzano le zone interne dellâAppennino centrale e meridionale. Il complesso forestale di Montedimezzo â Feudozzo â Pennataro, esteso per circa 1.170 ettari di proprietà degli Angioini dal 1200, fu acquistato nel 1606 dai Monaci Certosini di Napoli che lo conservarono fino al 1799 quando, in seguito alle leggi eversive sulla feudalità e sui beni ecclesiastici, entrò a far parte del regio patrimonio della Casa Borbonica e, con Regio Decreto n. 981 del 12 giugno 1825, fu dichiarato Reale Riserva di caccia. Con lâUnità dâItalia, fu incamerato dallo Stato che lo affidò in gestione allâex Amministrazione Forestale (legge n. 376/1908) e, come beni dello Stato dichiarati inalienabili, fu trasferito allâAzienda speciale del Demanio Forestale di Stato (istituita con legge n. 277/1910), che tuttora lo gestisce, ad eccezione della foresta di Pennataro, che è foresta della Regione Molise (con legge 281/1970). Durante il periodo di gestione preunitaria, e fino ai primi anni del 1900, dalla superficie a bosco venivano ricavati prodotti legnosi in quantità e qualità necessarie a soddisfare i bisogni dei residenti negli agglomerati agricoli prossimi al feudo; verosimilmente doveva trattarsi soprattutto di legna e carbone combustibile per gli usi domestici, i forni e le fornaci nonché di travame ed altri assortimenti per lâedilizia e per lâattività agricola. Alcune notizie storiche, riguardanti questo feudo, lasciano tuttavia intendere che lâimpatto maggiore sul bosco di Montedimezzo era rappresentato dal pascolo esercitato direttamente dal feudatario proprietario di numerose greggi, ma anche mediante lâaffitto, nel periodo estivo, ad allevatori provenienti dalle zone di pianura. La fisionomia assunta dal bosco in funzione dei prodotti allora richiesti doveva essere, probabilmente, quella della foresta non troppo densa di cerro, idonea a fornire adeguate risorse foraggere (erba e ghianda), alternata a zone governate a ceduo, destinate a produrre combustibile. Successivamente, con lâincremento della domanda di legname, la densità della fustaia è stata ulteriormente ridotta in vari punti della foresta, dove sono tuttora in fase di espansione altre latifoglie che, in situazioni di densità normale della cerreta, si trovavano invece a vegetare in posizione subordinata. Situazioni come queste complicano ancora di più il non facile problema della rinnovazione da seme del cerro ed hanno convinto i forestali, incaricati della gestione, intorno agli anni sessanta, ad introdurre lâabete bianco nelle buche formatesi in seguito allâabbattimento dei secolari cerri. La foresta demaniale di Montedimezzo, riserva M.a.B., geograficamente e amministrativamente distinta da quelle di Feudozzo e Pennataro, è da queste diversa anche per i caratteri strutturali con una superficie di 291 ettari ed una forma irregolare, e si estende su versanti prevalentemente esposti a nord â ovest, a quote comprese tra i 921 ed i 1284 metri. Il clima è un poâ più umido e più freddo di quello di Collemeluccio ed il terreno, argilloso nella parte medioâbassa, è calcareo compatto alle quote più elevate. Le sorgenti perenni della Conserva (o dei Monaci) e del Salice sopperiscono alle necessità idriche delle abitazioni demaniali, dei visitatori e degli animali al pascolo. FLORA I boschi di Montedimezzo sono a prevalenza di cerro e, in secondâordine, di faggio, due specie che predominano lâuna sullâaltra a seconda della pendenza, dellâaltitudine, dellâesposizione e della natura del substrato pedologico. Lo strato arbustivo è in funzione della specie arborea dominante. Il pero, il melo, il biancospino e la dafne, infatti, sono più frequenti nella cerreta, mentre nella faggeta vivono, prevalentemente, lâacero montano, lâacero lobelii, il carpino bianco, il carpino nero, lâasperula, la sanicula, il corniolo, il biancospino, ecc. Il nocciolo, il salice spp., il pioppo spp., il sambuco sono ampiamente presenti specie nei burroni e lungo i fossi. NellâArboreto (Horto culturale) di Montedimezzo, le cui origini risalgono agli anni â20, si contano molte specie arboree, arbustive ed erbacee indigene, ma anche esotiche di notevole valenza ecologica, biologico â forestale ed agro â silvo â pastorale. FAUNA La fauna è rappresentata da volpi, tassi, gatti selvatici, mustelidi vari, ecc. Eâ presente il cinghiale, per lanci effettuati per fini di ripopolamento e venatori dal Comitato Provinciale Caccia di Campobasso durante gli anni 50/60. Si nota saltuariamente il daino, introdotto confini di ripopolamento nella contigua foresta demaniale di âFeudozzoâ, ricadente in Comune di Castel di Sangro (AQ) dal locale Ufficio Amministrazione che la gestisce. Abbonda la trota. Sono presenti stagionalmente, e nidificano in discreta quantità , i rapaci notturni e diurni; sono molto diffusi il colombaccio, la ghiandaia, la tortora, il merlo, ecc. e da poco si sono notate colonie di balestrucci. Nel recente passato, era presente anche lâaquila reale. Da recenti studi sulle Entomocenosi a COLEOTTERI CARABIDI effettuati nella cerreta â faggeta dal Prof. A. Vigna Taglianti dellâUniversità di Viterbo, è emersa lâimportanza faunistica ed in particolare lâinteresse per la biodiversità del territorio. NOTIZIE UTILI Il bosco di Montedimezzo è riserva della biosfera, e rappresenta le cerrete molisane e dellâItalia meridionale in genere. I semi provenienti dalla foresta sono impiegati per produrre postime per rimboschimenti nellâarea molisana e nelle regioni confinanti. DOVE SI TROVA La riserva si trova nel comune di Vastogirardi. Ubicata nellâAlto Molise e distante una ventina di chilometri dalla foresta di Collemeluccio, la riserva di Montedimezzo si raggiunge da Isernia percorrendo la strada a scorrimento veloce Trignina fino allo svincolo di Pescolanciano (IS). Da qui, si prosegue sulla strada provinciale Carovillense, con la quale la foresta confina, per raggiungere Vastogirardi e San Pietro Avellana, notevoli centri turistici dellâAlto Molise. VISITE GUIDATE Le visite, solo guidate, si effettuano previa autorizzazione dellâUfficio Amministrazione e con lâassistenza del personale del Comando Stazione Forestale ex A. S. F. D. di Montedimezzo â Vastogirardi (IS).www.regione.molise.it/korai/xvastogirardi-riservamabmontedimezzo.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Pesche | Riserva Naturale OrientataLa Riserva Naturale Orientata di Pesche è l`ultima Riserva dello Stato, in ordine di tempo, istituita nel Molise con Decreto Ministeriale del 15 aprile 1982, in agro del Comune di Pesche (IS). Eâ stata comunque la prima realizzata non solo su terreni demaniali ma anche comunali, di Enti ecclesiastici e di privati. Occupa complessivamente una superficie di 552 ettari, ed è caratterizzata da superfici boscate e da radure, in un territorio compreso tra la periferia del centro abitato di Pesche e le pendici del Monte Totila. Tale posizione geografica comporta una notevole diversità di ambienti alla quale corrisponde un elevato livello di diversità biologica. Le caratteristiche botaniche, più che quelle faunistiche, sono la componente che caratterizza tutta l`area. La vicinanza allâabitato di Pesche è unâaltra delle peculiarità della Riserva. Lâuomo è presente nella Riserva ovunque: sono infatti ancora evidenti le tracce della sua fruizione, anche se ha smesso di utilizzare la montagna da molto tempo. Per questo motivo, Pesche e la sua Riserva potranno diventare un Centro studi e ricerche non solamente finalizzato al riconoscimento della dinamica delle popolazioni naturali, ma anche allo studio della storia e dello sviluppo socio-economico delle popolazioni umane Infatti, il territorio del Comune di Pesche, oltre ad avere particolari caratteristiche geomorfologiche e naturalistiche, presenta un notevole valore paesaggistico, sia nell`impianto urbano sia nel contesto naturale nel quale è inserito. Nell`ottobre del 1996, infatti, il territorio comunale è stato oggetto di un altro importante provvedimento legislativo: il Decreto del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali n.17/96, che ha dichiarato l`intero territorio del Comune di Pesche di notevole interesse pubblico, ai sensi della legge n. 1497 del 1939, in materia di protezione delle bellezze naturali. FLORA Il soprassuolo è costituito da associazioni vegetali di latifoglie, che occupano tutti i settori della riserva e da resinose, come il pino nero e il pino domestico. Il suolo della riserva è una sintesi di tutti i suoli del Pianeta Terra, tanto che, in pochi metri quadrati, vivono tra le 40 e le 60 specie di piante: faggi, roverelle, cerri, presenti nella fascia collinare e sub-montana e ancora frassini, ginepri, aceri, carpinelle ecc. La gestione di carattere prettamente naturalistico intende ripristinare la biocenosi, turbata da rimboschimenti originari a prevalenza di leccio. Eâ in fase di studio un programma di raccolta di esemplari di flora e fauna caratterizzanti lâarea protetta. Eâ previsto, inoltre, un programma di valorizzazione naturalistica e di studi integrati della zona protetta, perché vi sono essenze di alto pregio come il tasso ( un tempo esisteva un bosco di alto fusto, molto raro, andato distrutto durante un incendio nel â700) e le orchidee. Uno studio della Comunità Montana âCentro Pentriaâ di Isernia prevede, per scopi scientifico-didattici, specifici percorsi per ammirare le orchidee: una meraviglia della natura per varietà e quantità . Lâattuale gestione dei boschi comunali ha in programma il ripristino dellâoriginario soprassuolo di leccio, che fu sostituito, dalla fine anni â30 in poi, dal pino domestico, specie decisamente esotica. FAUNA La fauna della Riserva è costituita dalle più comuni specie degli ambienti appenninici (volpi, tassi, donnole, faine, puzzole, ghiri, scoiattoli, ricci, cinghiali di passo), ad esclusione dei grandi mammiferi ormai scomparsi e considerati solo frequentatori occasionali. Anche il più elusivo gatto selvatico, la cui presenza non può essere esclusa con certezza, risulta comunque avvistato fino agli anni `70. Tra gli uccelli sono presenti tordi, merli, colombacci, ghiandaie, taccole, cornacchie, quaglie e rapaci, come la poiana, il falchetto, il gufo, il barbagianni, la civetta ecc. Le ricerche effettuate nell`area, ancora poche per la verità , hanno consentito l`individuazione anche di una popolazione di tritoni crestati nelle acque di Fonte Maiuri: la presenza di tale anfibio, frequente nel Molise, testimonia la qualità che gli ambienti della Riserva ancora conservano. Tra i rettili sono presenti la biscia e la vipera. Nell`area è naturalmente vietata la caccia. La Riserva è situata in provincia di Isernia, da quota m 640 a m 1130 s.l.m., e dista km 180 da Roma e 125 da Napoli.www.regione.molise.it/korai/xpesche-riservaorientata.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Roccamandolfi | Riserva Naturale Torrente CalloraLa Riserva Naturale âTorrente Calloraâ si colloca sul versante a nord del Matese. Lâarea interessata dalla riserva ricade interamente nellâagro del comune di Roccamandolfi (IS), si estende per circa 50 ettari, dai 650 m/s. l. m. fino ai 1050 m/s. l. m. Il territorio della riserva comprende la zona umida della forra del torrente Callora con le gole dei valloni Fosso Fornello e Rio Torrone, la zona a rimboschimento sul versante meno acclive della cima su cui sorge il castello, la zona dei prati sulle parti più alte della forra ed infine la zona dei ghiaioni e delle rupi. Le gole del Callora rappresentano la tipica incisione dalla doppia origine, tettonica e carsica. La frattura provocata dai grandi eventi che hanno portato al sollevamento del massiccio matesino è stato scavato e modellato in milioni di anni dal costante scorrere delle acque. FLORA Le pareti a strapiombo presentano la tipica vegetazione di una gola con la presenza di radi arbusti e cespugli sulla roccia nuda. Il versante di nord-ovest si caratterizza per la presenza di numerosi carpini, noccioli, ontani, aceri e specie più tipicamente riparali come i salici. Sul versante sud-est sono visibili diversi lecci, una zona di rimboschimento a pino nero e qualche abete bianco. Non mancano esemplari di sorbo montano e tasso. Sono presenti specie arbustive ed erbacee come la rosa canina, lâagrifoglio, il ginepro, la ginestra, il bucaneve, il maggiociondolo. Nella parte più umida aumenta la presenza di muschi e licheni. FAUNA Lâarea, per la particolare orografia della montagna, fa si che la Riserva Naturale presenti un popolamento faunistico molto variegato. Numerose sono le specie presenti, tra i mammiferi è possibile trovare: la volpe, la faina, la donnola, il tasso, il riccio, la talpa romana, il ghiro, il topo quercino; tra gli uccelli: la civetta, il gufo comune, il gheppio, la poiana, il fringuello, il pettirosso; tra i rettili: lâorbettino, la vipera comune, la natrice dal collare, il colubro. Durante la stagione primaverile, i pianori, presenti al limite superiore della gola, si popolano di numerose farfalle. www.regione.molise.it/korai/xroccamandolfi-riserva%20naturaletorrentecallora.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |
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Campobasso | Villa De CapoaNella cultura urbanistica dellâ800, un ruolo fondamentale era assegnato ai giardini, ai viali, al belvedere, come luoghi di svago e dâincontri, di passeggio, ma anche luoghi adatti ad istruire i cittadini sugli avvenimenti più rilevanti della storia nazionale. Inoltre, il giardino pubblico doveva soddisfare le esigenze delle classi più povere, donare svago e ristoro alla popolazione "abbrutita dal lavoro" - siamo nel periodo della prima rivoluzione industriale - e dare quindi possibilità anche ai meno abbienti di passeggiare per gli ordinati giardini. Proprio nellâ800 si attua la trasformazione urbanistica di Campobasso: dal borgo vecchio la città si espande in piano ed ha necessità di darsi un nuovo aspetto più rispondente alla funzione di capoluogo di Provincia; è una città , insomma, che deve migliorare anche lâaspetto esteriore per poter competere con le altre città . La Villa per eccellenza della città è la Villa comunale o Villa De Capoa. Orgoglio dei campobassani che la mostravano con compiacimento ai forestieri, apprezzata da botanici e vivaisti, negli ultimi decenni l`incuria, l`abbandono e il vandalismo la hanno profondamente alterata. Il nuovo progetto, redatto dellâUniversità del Molise e già realizzato, le ha restituito lâaspetto originario. La villa si trova sullâarea dove originariamente sorgeva il monastero di Santa Maria delle Grazie, fondato dal feudatario Andrea di Capua nel 1510. Il monastero, come si evince dall`"Apprezzo della Terra di Campobasso" del 1688 redatto dal perito L.Nauclerio, era dotato, oltre che di unâaromatoria, di una speziaria e di una scuola di teologia, anche di due giardini . La famiglia Salottolo e, successivamente, i De Capoa diventarono proprietari dell`area in cui si trovava il primo Orto botanico: la villa fu donata nel 1875 dalla Contessa Marianna De Capoa all`orfanatrofio che porta il suo nome. Nel 1929 fu espropriata ed acquistata per duecentomila lire dal Comune di Campobasso, fu ampliata con l`ingresso principale su Piazza Amedeo, lâattuale Piazza Savoia, ed assunse il nome di Villa del Littorio, poi cambiato in Villa Comunale, ma da tutti è chiamata ancora oggi Villa De Capoa. La disposizione delle piante, le strutture architettoniche indicano chiaramente che è un giardino allâitaliana: lo stile neoclassico-romantico è ben evidente dalle statue, dai sedili marmorei, dagli archi in pietra, dalla rotonda e dalla disposizione delle piante e dei viali e vialetti, delimitati da siepi di buxus o mortella, una volta alte, fitte, ben sagomate e dalla tipica forma rettangolare. Fra le statue, oltre a quella di Bacco, posta al centro del viale d`ingresso, è presente anche un artistico sarcogafo rinascimentale in marmo, con incisa la data 1482, e la scritta Hic iacet magnifici militis Domini Ricciardi Rota Qui obiit A.D. MCCCCLXXXXII;. Fra le tante essenze vegetali, alcune di pregio per la vetustà , per la rarità e per le dimensioni, si segnalano: cedri, cipressi, alberi di Giuda, tigli, allori, ailanti, abeti rossi, ippocastani, laurocerasi, olmi, sofore e sequoie sempervirens. Questâultima varietà è presente nella villa in quattro magnifici esemplari, posti in posizione simmetrica nella piazzetta, a sinistra dell`ingresso secondario su Piazza della Vittoria, e messi a dimora nel 1929, quando la villa fu espropriata dal Comune. La villa ha ospitato diverse manifestazioni fra le quali è da ricordare la mostra per lâartigianato nel 1938; per lâoccasione, lâarch. Cesare Antonelli realizzò un padiglione, purtroppo demolito, esempio significativo di architettura moderna. Fino agli anni Sessanta, la villa è stata ben curata, anche se ci si limitava ad una manutenzione esclusivamente ordinaria. Successivamente, l`abbandono, l`incuria ed atti di vandalismo hanno rischiato di compromettere definitivamente questo splendido esempio di "Opus topiarium, vanto del nostro Paese", come è stata definita dal prof A. Scognamiglio, esperto di botanica, che alcuni anni fa, per conto del Rotary Club di Campobasso, ha condotto uno studio accurato sulla villa. Al di là del valore puramente botanico, la villa e gli altri giardini della città rappresentano un pezzo di storia della città ed hanno un valore inestimabile per i cittadini campobassani, perché costituiscono un legame con le generazioni del passato, nei confronti delle quali si ha l`obbligo morale di salvare dall`abbandono quanto è stato consegnato e di tramandarlo alle generazioni future.www.regione.molise.it/korai/xcampobasso-villadecapoa.htmlhttp://www.regione.molise.it/korai/xelencopatrimonio.html |