FORLI DEL SANNIO, l’antico FORUM JULII
FORLI DEL SANNIO, l’antico FORUM JULII. Una scomparsa epigrafe di Venafro riapre la questione
All’inizio del secolo scorso Giambattista Masciotta ebbe una bella intuizione quando, occupandosi della monografia su Forli del Sannio e trascrivendo il termine Forulum dal Catalogo dei Baroni, ritenne che il nome derivasse da una funzione particolare che aveva quel luogo in epoca romana.
Forli del Sannio poteva essere stato un Forum (luogo di parlamento pubblico, o di mercato) Iulii (dedicato a Giulio Cesare od altro Giulio), analogamente ai Forum Livii, ai Forum Cornelii, ecc.
Della questione non se n’è più parlato fino al 1978 quando Eeva Ruoff-Vaananen, una storica finlandese, pubblicò un suo studio sotto il titolo: Studies on the italian Fora.
Me lo ha ricordato Augusto Giammatteo che sicuramente oggi è il più attento raccoglitore di memorie epigrafiche del Molise e in particolare di Venafro. Da Augusto Giammatteo vengo a conoscere, inoltre, un bel saggio di Denis Iglesia Vilanova, Los fora. Una herramienta para organizar y administrar el mondo rural, Saragozza 2014, che sembra mettere una parola definitiva a una questione che nel passato è stata considerata con una certa superficialità .
Eeva Ruoff-Vaananen (Studies on the italian Fora, 1978, p.31) ipotizza che anche il nome di Forli del Sannio possa essere ricondotto a un originario forum in analogia con altri toponimi sparsi in varie parti dell’Italia e della Francia, ma non sembra dare sufficiente importanza a un’epigrafe venafrana che, invece, è particolarmente utile per ricostruire una parte della storia di Forli del Sannio.
Un sintetico accenno a Forum Iulii è anche nel titolo del volumetto di Ubaldo Antonelli degli anni Ottanta, dove, però, non vi è alcun tentativo di dimostrare con elementi concreti l’attendibilità dell’ipotesi.
Poi il silenzio fino al 2007 quando indirettamente ne parlano Gianfranco De Benedittis e Cecilia Ricci (La fortificazione di Forli del Sannio – Castel Canonico, Campobasso 2007).
Nel 2010 Gianfranco De Benedittis (La Provincia Samnii e la viabilità romana) in una rapida notazione ritorna sulla questione sostenendo con il Masciotta che il nome di Forli lascia due possibilità d’interpretazione: piccolo forum (forulum diminutivo di forum); Forum Livii, analogo a Forlì, in Emilia.
Ma anche in questo caso si tratta solo di un’ipotesi che, senza ulteriori ragionamenti, serve sostanzialmente a dare credito all’intuizione di Masciotta.
Credo che la questione possa in qualche modo essere consolidata favorevolmente sulla scorta del riesame di un’epigrafe venafrana di cui si conosce il testo sebbene oggi risulti scomparsa.
La trascrizione di Cosmo De Utris (archivio Del Vecchio)
.
Una lapide le cui vicissitudini meritano di essere raccontate come le raccontò nel 1687 Ludovico Valla nelle sue Memorie Istoriche di Venafro (date alle stampe nel 1905 a cura di Ferdinando del Prete di Belmonte da Pozzilli).
Ludovico Valla (Memorie Istoriche di Venafro, ed. Del Prete, Napoli 1905, pp.70-76) dopo essersi lamentato che una grande quantità di pietre con iscrizioni antiche fossero andate disperse e che ai suoi tempi ancora venissero spezzate e rotte per essere utilizzate nelle nuove costruzioni, racconta che quaranta anni prima, nel 1647, Scipione d’Afflitto, allora Governatore dell’Armi Regie a Venafro in occasione dei moti napoletani di Masaniello, trovò una lapide abbandonata tra i rovi.
Vedendola così bella, egli che era uomo di cultura e amante delle antichità , la fece trasportare nella piazza del Mercato perché venisse collocata in bella vista nell’angolo del palazzo del Seggio al disopra di un’altra lapide dove egli aveva fatto scolpire, per ricordare l’avvenimento, questa memoria:
MARMOR HOC UBI AULIENUS VARIIS
DECORATUR HONORIBUS VEPRIBUS
SUPPRESSUM SCIPIO DE AFFLICTIS
TRIBUNUS MILITUM PUBLICO LOCO
SUYMPTIBUS CIVITATUS REPONENDUM
CURAVIT
Ludovico Valla dice di ricordare a memoria quell’epigrafe avendo allora solo 18 anni.
Purtroppo, però, Scipione d’Afflitto, mentre stava per compiere l’opera, fu costretto a partire per le sue terre di Monteroduni e Macchia, dove poco dopo morì. Sicché le pietre rimasero per molto tempo abbandonate sulla piazza del Mercato.
Qualche tempo dopo Giacinto Cordella, vescovo di Venafro, avendo necessità di ingrandire il palazzo vescovile e rinforzare un angolo della costruzione, sostenne che la pietra romana provenisse dalla Cattedrale di Venafro e che, pertanto, egli potesse disporne liberamente.
Fece prendere ambedue le pietre e, utilizzando l’epigrafe di Scipione come supporto con la scritta rivolta verso il muro (… contro il merito, certo di quel buono Cavaliere di cui piaccia a Dio, che se ne conservi la memoria della mia penna), fece sistemare l’epigrafe romana sotto un balcone della nuova costruzione, avendo cura che fosse ben visibile, ma a testa in giù.
Questa la trascrizione che ne fece il Valla:
SEX AVLIENO SEX F
ANI
PRIMO PIL II TRIB MIL
PRAEF LEVIS ARMAT
PRAEF CASTR IMP CAESAR
AVG ET TI CAESARIS AVGVSTI
PRAEF CLASSIS PRAEF FABR II VIR
VENAFRI ET FOROIVLI FLAMINI
AVGVSTALI
NEDYMVS ET GAMVS
LIB
Di questa epigrafe non si hanno più notizie.
Il Palazzo Vescovile fu distrutto da una bomba durante l’ultimo conflitto mondiale e della pietra che era sulla facciata non si è saputo più nulla.
Ho ritrovato comunque la trascrizione che ne fece Cosmo De Utris (Annali di Venafro) (Archivio Del Vecchio) che, rimasta manoscritta, conferma pedissequamente il testo letto da Ludovico Valla.
La trascrizione di Teodoro Mommsen
L’epigrafe fu letta anche da Mommsen (CIL X 4868 ) che non si preoccupò di darne un’interpretazione sebbene citasse tutti gli autori che ne avevano parlato.
Ulteriore conferma è venuta dopo da Raffaele Garrucci (Venafro illustrata coll’aiuto delle lapidi antiche, Roma 1874, p. 66) che la lesse personalmente all’angolo del richiamato palazzo vescovile.
Si tratta di un’epigrafe che riassume la carriera di Sesto Aulieno, della tribù Aniense, localizzabile a nord di Roma.
La pietra, come desume Garrucci, fu fatta eseguire nel 32 d. C. (era imperatore Tiberio) da Nedimo e Gamo, (NEDYMVS ET GAMVS LIB) due liberti di Sesto Aulieno, dopo la morte di costui.