Sempre vedendo il Molise ecco la quinta e ultima parte l’Abc della cucina molisana.
Soppressata del Molise
Prodotta nei comuni di Rionero Sannitico, Macchiagòdena, Montenero di Bisaccia e Castel del Giudice, province di Isernia e Campobasso, la soppressata molisana è un salume fatto con lombo e capocollo di maiale con l’aggiunta di modiche quantità di lardo. La carne, tagliata a mano, viene insaccata nel budello lavato e aromatizzato con delle spezie, poi messa sotto dei pesi per un paio di giorni. Una volta tolta dalla pressa, la soppresata viene appesa in locali aerati in cui è presente un camino che l’asciugherà e donerà una leggera affumicatura. A questo punto inizia la stagionatura che si protrarrà per circa cinque mesi, terminata la quale il salume è pronto per essere consumato subito, oppure tagliato a pezzetti e conservato in barattoli di vetro con della sugna.
Stracciata
Latticino a pasta filata prodotto con latte vaccino nei comuni di Agnone, Capracotta, Carovilli e Vastogirardi, in provincia di Isernia. Il suo nome deriva da stracciare, l’azione necessaria per formare questo formaggio dalla forma allungata. Ha un colore bianco candido, è priva di crosta e ha un sapore dolce e delicato, con intensi aromi e sentori di latte fresco. Si consuma subito, oppure dopo qualche giorno, quando diventa spalmabile. Insieme al prosciutto crudo, è il tipico antipasto delle feste molisane, in particolare legato ai matrimoni.
Tartufo molisano
Lontano da ogni tipo di contaminazione e inquinamento, i tartufi molisani sono molto apprezzati sia in Italia che all’estero. Nelle vallate molisane se ne raccolgono di diversi tipi: il tartufo bianco pregiato, ad esempio, è tipico delle zone più interne delle province di Isernia e Campobasso, in particolare intorno a Carovilli, S. Pietro Avellana, Boiano e Capracotta. Un tartufo dalla scorza esterna liscia e leggermente vellutata, mentre all’interno la polpa è di colore bianco latte giallo-ocra o nocciola. Tipici delle zone più asciutte sono invece il tartufo uncinato e lo scorzone. Il tartufo uncinato è nero con verruche a forma di piramide, mentre la polpa, prima biancastra, diventa di colore nocciola o bruna man mano che il tartufo matura. Lo scorzone, o tartufo estivo, ha una scorza nera e una forma globosa. La polpa varia dal colore nocciola chiaro al bruno con diverse venature bianche. In cucina si utilizzano in diverse preparazioni, dalle paste fresche ai secondi, fino addirittura ai dolci.
Treccia di Santa Croce di Magliano
A vederla così non sembrerebbe un formaggio, ma più una decorazione artistica. E invece si mangia. La treccia di Santa Croce di Magliano è un formaggio tipico delle feste della Madonna dell’Incoronata e del patrono San Giacomo del paese in provincia di Campobasso. Simbolo delle tradizioni agricole di Magliano, i pastori la portano a tracolla durante i festeggiamenti, quasi come fosse una borsa. Si tratta di un formaggio grasso a pasta semidura filata prodotto con latte vaccino, è privo di crosta, elastico, di colore bianco se fresco, paglierino se leggermente stagionato. Durante la preparazione, dopo la maturazione, la pasta viene tagliata a strisce e fatta filare con acqua bollente. Una volta raggiunta la giusta consistenza si creano dei fili lunghi circa due centimetri, facendoli rassodare in acqua fredda prima e in acqua salata poi. Creati i fili vengono messi su un panno di cotone per formare la treccia. Si consuma prevalentemente come formaggio da tavola.
Testine di agnello o capretto (cuccette)
La testa dell’animale divisa a metà e cotta al forno, viene mangiata come secondo piatto in molte zone del Molise. Per prepararle si mettono le teste dell’animale a bagno per un giorno, cambiando l’acqua ogni 3 o 4 ore, in modo da pulirle dai residui di sangue. Una volta pulite si fanno sgocciolare e si coprono di olio d’oliva, mollica di pane raffermo, aglio e prezzemolo. Si cosparge la teglia con un mix di acqua e olio e si inforna per un paio di ore.
Ventricina di Montenero di Bisaccia
Uno fra i salumi più rinomati del Molise, la ventricina, prodotta in tutto il territorio della provincia di Campobasso e in particolare a Montenero di Bisaccia. Nella tradizione locale le parti nobili del maiale erano tagliate in pezzi grossolani e insaccati nel ventre dell’animale. Oggi si utilizzano cosce, lombo, spalle e anche una parte di grasso duro, conditi con sale, finocchietto selvatico, polvere di peperone e pepe. Una volta insaccata la carne si pressa ottenendo delle palle che variano fra i due e i tre chili. Queste vengono appese ad asciugare per una settimana in una stanza con il camino acceso. La stagionatura dura sei o sette mesi in genere, ma può arrivare anche a un anno e mezzo. In questo caso la ventricina viene cosparsa all’esterno di strutto fuso in modo che la carne sia protetta dal caldo dei mesi estivi.
foto e articolo preso on line
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