Il complesso di S. Maria del Canneto sorge nella valle del fiume Trigno, nel punto di confluenza con il torrente Ponte di Musa, nel comune di Roccavivara. Il nome deriva dalla presenza di flora tipica di ambiente fluviale e compare per la prima volta nella bolla del Papa Mariano II indirizzata ai Benedettini di Montecassino.
L’area è frequentata già in età preistorica e protostorica, è interessata dalla costruzione di una villa rustica già probabilmente nel I secolo a.C., a cui si aggiunse nell’altomedioevo un complesso monastico che utilizza come materiale da costruzione elementi provenienti dalla villa e da un monumento funerario posto nelle vicinanze. Il territorio di pertinenza è quello del municipio romano di Terventum (Trivento) in cui esistono numerose ville rustiche, dislocate in due comprensori: quello delle colline situate lungo il tratturo Celano-Foggia e quello vallivolo lungo il fiume Trigno e alla falde delle colline che lo dominano.
Alcune iscrizioni conservate a Canneto testimoniano i nomi di famiglie illustri (i Lucretii, i Numatii, i Socellii e i Florii) che possono essersi avvicendate nella proprietà della villa.
La struttura è caratterizzata da un lungo periodo di frequentazione, non si conosce la sua estensione nella prima fase, né si può indicare con precisione l’epoca della sua costruzione. Si conosce però, nel I secolo d.C., la divisione dello spazio in pars rustica, esposta a nord-est e pars urbana a sud-ovest. Gli ambienti di questa prima fase subiscono notevoli danni dallo straripamento del fiume, testimoniato da uno spesso strato di limo e fango che fu, dove necessario, asportato al momento della ristrutturazione.
Nella seconda fase (III secolo d.C.) non vengono effettuate modifiche sostanziali nella destinazione d’uso delle aree, i cambiamenti sono invece rivolti ad abbellire gli ambienti residenziali, mantenendo le dimensioni e le strutture murarie precedenti. È probabile che in questo momento, in seguito ad un periodo di crisi dei centri, i proprietari lascino le residenze urbane e si trasferiscano nei loro fondi, questo spiega le caratteristiche degli interventi nella villa.
Successivamente, intorno all’VIII secolo d.C., la pars urbana fu distrutta da un incendio e usata come area sepolcrale, la pars rustica invece venne modificata e continuò ad essere frequentata anche dopo questo evento (terza fase della struttura).
La prima fase
Si individuano in questo settore tre ambienti pavimentati in cocciopesto e pertinenti alla pars urbana della villa.
Il porticato, originariamente lungo 20 m e successivamente modificato, delimitava un’area posta a sud-est della pars rustica e vi si accedeva da un ingresso centrale. Il muro di sostegno del porticato era in opus testaceum, le basi delle colonne erano dei rozzi blocchi calcarei appena sbozzati, inglobate nel muro successivo, le colonne erano probabilmente in legno o mattoni.
Il percorso della fognatura si segue per circa 15 m, è costruita in opus testaceum e coperta con ciottoli di fiume. L’inizio della cloaca viene individuato al centro dell’ingresso d’accesso al porticato, questa raccoglieva le acque, le incanalava verso nord e al di fuori della zona abitata.
I resti dietro l’abside centrale della chiesa mostrano l’estensione della villa in questo settore; si tratta di un pavimento in cocciopesto e strutture in opus testaceum.
Una vasca (lacus), a pianta rettangolare, viene individuata nello spazio successivamente occupato dalla cantina della villa. È pavimentata con mattoncini regolari ed ha le pareti in opus testaceum, rivestite con intonaco idraulico.
Un focolare, collocato nell’estremità nordorientale della pars rustica, è attestato in questa prima fase e rimane in uso, modificato, anche successivamente.
Alla prima fase della cantina (cella) potrebbero appartenere i dolia individuati in un saggio aperto presso il lato sinistro della chiesa. I grandi contenitori erano allineati ordinatamente su due file. La cella aveva un andamento perpendicolare alla successiva, con orientamento nordovest-sudest.
La seconda fase
L’ambiente A, a pianta rettangolare, restituisce un pavimento a mosaico policromo; il campo è decorato da un motivo geometrico costituito da cerchi alternati a quadrati con lati curvilinei e la cornice con motivo a greca.
L’ambiente B, rettangolare, restituisce un pavimento musivo policromo. Il campo è decorato da file di esagoni allungati alternati a quadrati seguite da file di esagoni regolari; al margine del campo si susseguono file di semi-esagoni allungati. La cornice è un’onda corrente che si sviluppa da una fila di dentelli. La decorazione interna dei motivi geometrici è costituita da una serie di uccelli sul ramo degli esagoni regolari, rombi campiti geometricamente con due pelte contrapposte ai vertici degli esagoni allungati e il nodo salomonico semplice all’interno dei quadrati.
L’ambiente C, a pianta rettangolare, restituisce un pavimento a mosaico policromo. È caratterizzato da un pannello centrale quadrato, parzialmente conservato, con raffigurazione di un felino in posizione rampante, probabilmente un leone. Ai lati di questo pannello si dispongono quattro rettangoli decorati da due uccelli che si affrontano fra volute; quattro pannelli quadrati decorati con un motivo a rosetta stilizzata ed in ultimo due rettangoli decorati da un motivo vegetale stilizzato che nasce da un cespo. La cornice è decorata da una serie di triangoli a lati convessi.
La cantina (cella) è un ambiente lungo 23 m e largo 3 m a contatto con gli appartamenti padronali e contiene i resti di 22 dolia dotati di coperchio, inseriti in uno spesso strato di cocciopesto grossolano e disposti su due file. Non è certa l’esistenza di una copertura, scoperte erano del resto le celle vinarie per ottenere vini più robusti.
Il torchio e gli ambienti ad esso connessi occupavano la parte più settentrionale della villa. L’ambiente centrale è quello in cui avvenivano le operazioni di spremitura a cui erano collegati i due ambienti laterali. Il vano che ospita il torchio (prelum) ha pianta rettangolare, è pavimentato in opus spicatum ed ha gli spigoli di base impermeabilizzati con intonaco idraulico. Al centro è ricavato il canale circolare di contorno dell’ara che raccoglieva il liquido risultante dalla spremitura e attraverso un canale a percorso rettilineo lo immetteva nella vasca (lacus) situata nell’ambiente adiacente. La vasca è di forma rettangolare, profonda 0,90 m, con pareti rivestite da intonaco idraulico; è dotata nell’angolo sud-est di una vaschetta ad imbuto, ricavata nel pavimento, per raccogliere sul fondo le impurità . L’ambiente posto a nord-est è realizzato ad un livello inferiore, vi si accede attraverso due gradini ed ospita le arcae lapidum, non c’è parete divisoria con l’ambiente centrale. Fu per un certo periodo di frequentazione privo di copertura e dotato di un porticato. Qui sono stati rinvenuti altri dolia allineati lungo la parete sud e resti di un focolare.
La fornace per la produzione della ceramica è di difficile datazione, potrebbe appartenere a questa fase o alla frequentazione connessa al complesso benedettino. È del tipo verticale, a pianta circolare con tre archetti che sostenevano il piano di cottura, realizzata con frammenti di tegole e cocciame ben connesso.
Il mulino manovrato dall’asino o dal cavallo (mola asinaria) è testimoniato dal ritrovamento della parte fissa della mola (meta) in pietra lavica.
Il forno, di difficile datazione, è individuato nelle adiacenze della pars rustica, presso la sua estremità nordorientale. Si individua il piano di cottura ottenuto con tegoloni posti di piatto.
La terza fase
Il torcularium e gli ambienti connessi furono profondamente modificati con la creazione di strutture murarie e pavimenti funzionali probabilmente ad una nuova destinazione. Vengono mantenuti i dolia usati forse come contenitori di cereali.
Le sepolture vengono realizzate nella pars urbana ormai abbandonata; sono fosse semplici o a volte costruite con muretti di pietre o mattoni e con piano di deposizione realizzato con tegole. Prive di corredo testimoniano spesso la sepoltura di due individui.
Le strutture murarie individuate a sud-est della pars rustica non sembrano testimoniare tracce di incendio e sono quindi successive a questo e pertinenti forse al complesso monastico. Mantengono l’orientamento degli altri ambienti della villa ed utilizzano le strutture preesistenti del porticato.
foto e articolo preso online