Il 25 Aprile in Molise

Il 25 Aprile non è mai stata riconosciuta come una data emblematica della nostra storia nazionale. Non solo gli eredi, vivi e vegeti, dell’ideologia fascista, dei monarchici e delle destre, hanno sempre contrastato la ricostruzione culturale che individua nella Resistenza e nella Guerra di Liberazione, l’atto di nascita della Costituzione e quindi della Libertà e della Democrazia Italiana, ma anche ampie aree grigie della parte più conservatrice e reazionaria del nostro paese hanno sempre disertato, dissacrato e banalizzato la Festa Nazionale di Liberazione.

Col trascorrere degli anni, i ricordi si sono sbiaditi, i partigiani sono scomparsi e con loro è stata archiviata la pagina che nel ventennio fascista unì cattolici, azionisti, laici, liberali, socialisti, repubblicani e comunisti, in una grande alleanza protesa a conquistare la libertà e la democrazia.

Il Mondo è cambiato, le ideologie sono state riposte nei libri di storia, nuovi problemi incalzano ed è sempre più semplice per chi osteggia il 25 Aprile, derubricare la Festa della Liberazione ad un ponte festivo, ad una gita fuori porta, al disbrigo delle proprie faccende o più semplicemente per riposarsi e prendere fiato.

La questione che si pone è culturale e supera le antiche contrapposizioni tra fascismo ed antifascismo, e per questo è più pericolosa perché, come ci insegna Giambattista Vico con la teoria dei corsi e ricorsi storici, le società che dimenticano il proprio passato sono condannate a riviverlo.

Se tutto ciò nell’immaginario comune viene considerato normale, si è esposti ad una deriva dagli sbocchi incerti; ed è per questo, per ciò che si riesce a fare come ANPI insieme a cittadini, associazioni e rappresentanze, occorre tenere vivo il ricordo del sacrificio di migliaia di italiani, in gran parte giovani, che morirono combattendo nel Corpo di Liberazione Nazionale o nelle bande partigiane per consegnare alle nuove generazioni un’Italia libera e democratica.


Il Molise ha avuto un ruolo decisivo in questa pagina di storia nazionale, ed anche per orgoglio territoriale, dovrebbe mostrare maggiore attenzione alle celebrazioni di un 25 Aprile che fu possibile perché dopo l’8 settembre, il Generale Umberto Utili seppe riorganizzare alcuni reggimenti dell’esercito, a partire dagli Alpini, e diede vita in Molise, d’intesa con le forze alleate, al Corpo Italiano di Liberazione.

Americani, francesi ed inglesi, misero alla prova gli italiani, di cui non si fidavano nella conquista di Monte Marrone per sfondare la Linea GUSTAV sulle Mainarde ed aprirsi un varco per Roma accerchiando i tedeschi asserragliati a Montecassino.


I nostri Alpini vennero utilizzati come carne da macello, sostituendo in quella battaglia le truppe marocchine e l’Armata Polacca che gli alleati mandavano in avanscoperta contro i tedeschi, ma contro ogni aspettativa vinsero, conquistarono Monte Marrone a fine marzo del 1944 ma vennero fermati, per consentire proprio ai polacchi di issare la propria bandiera su Montecassino il 18 maggio.

Una pagina che scrisse col sangue il valore degli italiani e che lo stesso Alcide De Gasperi menzionò in occasione della Conferenza di pace di Parigi in cui gli alleati disegnarono il Mondo del dopoguerra.

A conferma del valore emblematico della presa di Monte Marrone c’è l’edificazione di un Monumento Nazionale in ricordo dei caduti della guerra nazionale di liberazione che vide arrivare nel 1968 l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Aldo Moro, e negli anni successivi il Ministro della Difesa Giovanni Spadolini ed altri importanti rappresentanti dello Stato.

In estrema sintesi sul piano storico possiamo affermare che il Corpo Italiano di Liberazione partì il 13 ottobre 1943 dalle Mainarde in Molise per arrivare a Milano il 25 Aprile del 1945.


In aggiunta a tutte le altre motivazioni sottese alle celebrazioni della Resistenza Antifascista, la nostra regione potrebbe valorizzare con maggiore efficacia questo tratto della propria storia.

Non farlo, disertare, dissacrare o banalizzare, non solo è una mancanza di rispetto per gli alpini caduti a Monte Marrone ma è anche un grave errore culturale di una borghesia locale insipida ed insipiente.

Foto e articolo presi online.